di Franco Manzitti
Quei 14 milioni di italiani, che poi sarebbero diventati anche argentini, uruguyani, cileni, venezuelani, brasiliani, peruviani e ovviamente nordamericani, partiti dal grande porto e che affrontavano un viaggio lungo e pericoloso, tra la fine del 1800 e il secondo dopoguerra, penserebbero di avere cambiato pianeta. Se su una nave ben diversa da quella dei loro avi, con i suoi modesti fumaioli, lo scafo bianco o nero e la terza classe stivata in fondo, i loro discendenti tornassero indietro via mare, lungo la stessa strada di onde e rotte atlantiche e poi mediterranee, stenterebbero a riconoscere Genova, "la Superba".
Quei nonni, bisnonni, forse trisnonni erano partiti lasciandosi dietro un porto chiuso nell'arco del golfo, fino al 1916 con una diga piccola, che riparava non molto i bastimenti più grandi, dopo quella data più protettiva, anche se non aveva difeso le banchine dalla terribile mareggiata del 1952.
La città "Superba" spariva all'orizzonte tutta insieme, con le colline spelacchiate sullo sfondo, il centro storico dei "caruggi" come un macchia scura nel ventre profondo, di lato alla Lanterna con il suo faro intermittente, con le torri e i campanili come sentinelle pronte a ritirarsi nella distanza.
Era come inghiottita dal mare profondo in una linea di orizzonte conquistata da "barchi" che avevano la prua verso Ponente, verso le coste francesi, poi spagnole, poi Gibilterra, poi il gran salto contro gli Alisei nell'Oceano da attraversare in diagonale se scendevi verso il Sud America o con la prua verso Terranova, se viaggiavi verso New York, verso quella statua della Libertà, il grande faro che illuminava la speranza di una vita migliore che spesso si sarebbe realizzata, ma senza cancellare le radici, la nostalgia, "Ma se ghe pensu'....", i canti melanconici, la coscienza di dove si era partiti, verso dove?
Quell'orizzonte blu che poteva diventare nero di tempeste, ma anche sempre più radioso...
Ora se si tornasse indietro, in una macchina del tempo o nella realtà vera e si scegliesse la stessa strada delle onde, con gli Alisei alle spalle e l'Equatore attraversato al settimo giorno di navigazione, risalendo dall'altro emisfero, arrivati di fronte a Genova la scena sarebbe tutta diversa.
Ora la città sarà più lontana e il porto, la sua prima banchina molto più vicina. All'inizio di questo terzo millennio hanno cominciato a costruire la superdiga, quella che consentirà alle supernavi, più lunghe di 350 metri, di entrare nel ventre di "Zena", nel suo porto che ha millenni e scaricare migliaia di container, spediti da ogni angolo del mondo in uno dei luoghi più strategici da un punto di vista della infrastruttura globale.
Questa diga, tra le più profonde del mondo, 35 , 40 metri per arrivare ai fondali, nascerà 500 metri al largo di quella vecchia, costruita grazie alla munificenza del marchese-principe Raffaele De Ferrari, che la donò nella fine dell'Ottocento.
Permetterà ai nuovi colossi del mare di attraccare paralleli alla costa e di non avere difficoltà di entrata e di uscita. Anzi si sta studiando di costruire ben due accessi a questo porto, che diventerà gigantesco, uno da Ponente e uno da Levante.
Il costo dell'opera supera il miliardo di euro e sarà finanziato con 700 milioni dal Recovery Fund. Il resto arriverà attraverso altri canali di finanziamento. I tempi di costruzione sono previsti in otto anni.
Vuol dire che nel 2028 il grande porto sarà pronto, tanto è vero che le previsioni di traffico indicano per il 2029 già un raddoppio degli affari. Vuol dire una cifra vicina ai sette , otto milioni di containers all'anno. Una rivoluzione per Genova che diventerà l'hub principale del Mediterraneo e uno dei più importanti in Europa.
Ma anche uno stravolgimento dello scenario non solo portuale. Sarà questo nuovo orizzonte a rovescio che potrebbe choccare i visitatori di ritorno, che vanno al cuore dalla loro nostalgia, avendo negli occhi i contorni della loro città di partenza, disegnata dal Creatore e poi dagli eventi naturali e poi dagli uomini in quel modo: il golfo difeso dalle montagne quasi a picco, la stretta striscia di terra con nel cuore la "matrice" urbana nel dedalo dei vicoli detti "caruggi" e quel porto-nicchia, protetto a Ponente e a Levante, approdo sicuro, ma un tutt'uno con i quartieri che si sarebbero saldati nel corso dei secoli intorno, degradanti sulle colline, a raggiera sulla terra ferma, creata anche con il riempimento del mare dalle necessità dello sviluppo economico industriale.
Una acciaieria a ciclo continuo, la prima in Europa, sorta dove c'era il mare, riempito rosicchiando le colline e costruendo un fondo di terra e cassoni di pietre, un aeroporto con la pista in acqua, perfino una Fiera del Mare, a Levante, dove c'erano spiagge e stabilimenti balneari e dove per decenni c'è stata la grande esposizione del Salone Nautico più importante d'Europa.
Ecco: tutta questa scena sarà vista in un altro modo, sia arrivando dal mare, come quei nostalgici ammaliati dai ricordi e dalla ricerca della memoria antica delle proprie radici, sia dai genovesi che osserveranno il porto allungarsi, estendersi di oltre mezzo chilometro e l'orizzonte diventare meno aperto, meno visibile, perché inframezzato dalle nuove banchine, dai giganti del mare, ormeggiati come cattedrali con le loro pile di container a oscurare la vista e coprire anche qualche prospettiva..
La grande opera, che vede già in azione i primi tecnici, sta ovviamente suscitando molte polemiche, perché se cambia la scena della città, può cambiare anche in parte il suo destino, i pesi e i contrappesi della sua economia.
Crescerà il destino portuale con tutto quello che ciò comporta in termini di occupazione ( si parla di 40 mila addetti in più, una cifra forse un pò esagerata...), ma anche quello turistico perché nella modificazione della scena genovese, della sua ribalta ci sono altri grandi cambiamenti, dettati da altre trasformazioni: il colossale ex silos granario Hennebique, piantato in mezzo al porto e in disuso da decenni, sta per essere trasformato in attività ricettive, quell'ex Fiera del mare diventerà una area residenziale e di accoglienza con canali, piste ciclabili e pedonali.
Ci saranno nuovi alberghi e nuove Stazioni Marittime. Allora si può parlare, oltre alla superdiga, di una nuova prospettiva di sviluppo, una "turistificazione" della città con spinta maggiore.
Un destino che cambia, ma senza cambiare il grande orizzonte che Colombo si incantava a guardare, studiano la rotta del nuovo mondo e che quelli che partivano con la valigia di cartone nella stiva, su tutti i genitori di papa Francesco, osservavano con il cuore gonfio di speranza e di coraggio.