di Pietro Di Muccio de Quattro
Se io fossi Giuseppe Conte, vorrei innanzitutto smentire la diceria che non esisto. Molti lo dicono. Altri lo pensano. In effetti, uscito da Palazzo Chigi, cammino come un danzatore cosacco. Saltello sulle gambe piegate. Stando basso, son poco visibile. Però sembro vivo, sebbene vegetale. Per certificare la mia esistenza in vita, non mi basta essere stato preposto alla presidenza dei grillini. Devo dimostrare di essermi affrancato dai tutori. Insomma, di non essere più il pupillo di Beppe Grillo e Luigi Di Maio. Devo uccidere i miei padri, politicamente parlando, gettare la tutela alle ortiche.
L’occasione è propizia. Avendo accettato il 2x1000, è probabile che mi arriverà in tasca qualche soldo per garantirmi l’indipendenza politica. Per passare davvero dallo stato immateriale allo stato corporeo devo dimostrare di possedere i bargigli di un vero politico, attestandomi sull’ultimo baluardo di coerenza rimasto ai grillini, che per conto loro si sono già sputtanati rinnegando tutti gli altri capisaldi ideali.
Perciò, se io fossi Giuseppe Conte, manterrei fermo, immodificabile e irretrattabile, il divieto del terzo mandato parlamentare, in modo da restituire alla società civile i Di Maio, i Toninelli et similia. Con il vantaggio impagabile di candidare e far eleggere solo parlamentari fedelissimi, scelti a mio arbitrio insindacabile, togliendomi dai piedi ogni possibile concorrente.
Ciò facendo, dimostrerei di essere il vero capo politico dei Cinque Stelle e non il loro presidente per caso. Gli altri leader e partiti mi tratterebbero finalmente come merito e come la mia ambizione impone. Dimostrerei di esistere oltre la cattedra universitaria e di non essere l’ologramma di comici e sfaccendati.