di Giovanni Boniolo

 

Nel 1999, la Banca Mondiale sancì, punto poi ripreso nel 2005 dall’UNESCO, che viviamo in una società della conoscenza, ovvero in una società a elevato grado di utilizzo delle tecnologie elettroniche in ambito informazionale e caratterizzata da individui che sanno reperire informazione, che sanno maneggiarla, modificarla creativamente e usarla al fine di aumentare la qualità della vita loro e di coloro cui sono interessati.

Si ha così una definizione di conoscenza basata sulla possibilità di aumentare la qualità della vita in base all’informazione che abbiamo e che siamo capaci di recuperare e manipolare.  Qui per ‘informazione’ si intende la notizia di un evento o di un processo che si è provata essere veridica attraverso le tecniche tipiche di quell’ambito. Se l’ambito è scientifico quell’informazione è una notizia di un evento o di un processo che sappiamo essere frutto di osservazione o esperimento e i cui risultati sono ripetibili (ossia ritrovabili dallo stesso ricercatore con la stessa strumentazione, nello stesso laboratorio anche in tempi diversi) e riproducibili (ossia ritrovabili da ricercatori, con strumentazione diversa, anche in laboratori diversi e in tempi diversi).

Questo fa sì che noi si potrebbe essere in grado di identificare due fenomeni sociali patologici ma correlati: quello della mal-informazione e quello della dis-informazione. La prima riguarda la comunicazione senza intenzione ingannevole di notizie false o inesatte su eventi, persone, o processi (anche riguardanti come funziona il nostro corpo e che cosa si debba fare per curarlo); la seconda, invece, riguarda il fornire notizie false o inesatte con l’intento di ingannare e manipolare. Che il mal-informatore sia in buona fede e il dis-informatore sia in cattiva fede ha qui poca importanza. Entrambi fan sempre dei danni a chi non è in grado di riconoscerli e di evitarli.

In effetti, o siamo in presenza di cialtroni che parlano a vanvera di cose che non sanno pensando di avere un qualche diritto a farlo o avendo una qualche patologia dell’ego. O siamo in presenza di imbonitori che per un qualche loro ritorno personale (fama mass-mediatica, denaro ecc.) o ego malato diffondono notizie false o imprecise.

Facciamo un altro passo. Già l’UNESCO metteva in guardia contro la divisione conoscitiva fra coloro che sanno (e che sanno usare ciò che sanno) e coloro che non sanno (e che non sanno usare quel poco che sanno). Divisione che non è da ravvisare solo fra paesi ricchi e poveri, come sempre l’UNESCO temeva, ma che è trasversale pure all’interno dei paesi ricchi, o considerati tali come l’Italia. Ovvero, ci sono cittadini che vivono appieno la società della conoscenza e cittadini che, per motivi anagrafici, socio-economici, culturali, etnici ecc., non riescono a fruirne e diventano vittime di cialtroni e imbonitori con conseguenze negative non solo per la loro qualità della vita e per quella dei loro cari, ma anche per quella della vita pubblica, giacché possono votare, essere votati, esprimersi pubblicamente ed essere ascoltati.

È utile rilevare che tale divisione conoscitiva comporta un’ingiusta distribuzione delle possibilità di avere una buona qualità della vita (e della morte); dell’accesso all’ascensore sociale (meno si sa e minori sono le possibilità di cambiare posizione e ruolo sociale); delle capacità decisionali (poca conoscenza comporta verosimilmente peggiori decisioni individuali e pubbliche); della corretta informazione su cui basare le proprie scelte in ambito di salute (scelta dei cibi, dello stile di vita, delle cure ecc.); della capacità di riconoscere esperti che possono essere utili per i casi della vita (avvocati, medici ecc.); della capacità di pensare criticamente in modo corretto, con tutti i danni che ciò comporta sia a livello privato che pubblico nel non saper distinguere un cialtrone o un imbonitore da un esperto, una sorgente di notizie false o imprecise da una sorgente di corretta informazione.

Quelli che vivono, sfortunatamente, nel lato sbagliato della divisione conoscitiva sono epistemicamente fragili e sono le vittime di cialtroni e imbonitori. Ma chi sono questi “epistemicamente fragili”, dal nome apparentemente così difficile ed esoterico? Sono coloro che non conoscono a sufficienza e così non sono preparati a sconfessare i mal-informatori e i dis-informatori.

Ora la fragilità ammette varie definizioni, ma in ambito medico e di etica medica viene più o meno definita quale una sindrome di deficit o declino fisiologico caratterizzata da una marcata vulnerabilità a eventi patologici avversi. Parallelamente, potremmo definire la fragilità epistemica come quella situazione di deficit e declino conoscitivo e argomentativo caratterizzata da una vulnerabilità a essere convinti da false notizie e argomentazioni scorrette, ossia a essere convinti da imbonitori e cialtroni.

Nessuno che non sia epistemicamente fragile può farsi convincere da un signore o da una signora che, in televisione, sui social o sulla carta stampata, dice il falso, ragiona in modo scorretto, parla di cose che non sa, fa finta di essere autorevole. E questo perché chiunque sia non epistemicamente fragile ha la conoscenza necessaria per riconoscere il falso, il ragionamento scorretto, chi parla di cose di cui non sa nulla, la mancanza di autorevolezza.

Sfortunatamente esiste la divisione conoscitiva; sfortunatamente esistono gli epistemicamente fragili; sfortunatamente esistono i cialtroni e gli imbonitori.

Ricordiamoci a questo punto, almeno per chi abbia letto J.S. Mill, che ognuno è libero fino a quando la sua libertà non sia di danno a terzi. Da questo punto di vista, chiunque dovrebbe avere la libertà di fare e dire come crede basta che il suo fare e il suo dire non siano di danno a terzi. Ma nel caso della mal-informazione e della dis-informazione vi è un danno a terzi, segnatamente a chi è epistemicamente fragile, ossia a chi si trova nel lato negativo della divisione conoscitiva. E questi devono essere protetti. Ricordiamoci questo punto! Ricordiamocelo soprattutto quando si parla di sanità pubblica e di come gli epistemicamente fragili possono avere conseguenza negative per la loro qualità di vita e di morte a causa di cialtroni e imbonitori che pensano di avere il diritto di parlare anche se non sanno, anche se non ne hanno l’autorevolezza, ma solo come effetto del loro ego ipertrofico o per i loro fini truffaldini.

Insomma, da un lato abbiamo gli epistemicamente fragili che devono essere protetti - magari anche impedendo ai cialtroni e agli imbonitori di parlare o filtrando il loro falso o impreciso comunicare -, e dall’altro abbiamo i cialtroni e gli imbonitori che sono di danno e che, da un lato, dovrebbero essere fermati e, dall’altro, forse dovrebbero pure essere aiutati, specie se è loro riconosciuta una fase avanzata di malattia psichiatrica.

Ricordiamoci, per finire, che il virus SARS, in una delle sue tante mutazioni, non salva gli epistemicamente fragili solo perché tali, ma che anzi questi sono i primi ad avere conseguenze negative. E se non se ne fanno carico i cialtroni e gli imbonitori, evidentemente disinteressati del bene comunque e della protezione dei più fragili, che almeno le istituzioni (o le redazioni dei giornali e delle televisioni) se ne facciano carico, ovviamente se hanno una vaga idea di che cosa significhi ‘responsabilità sociale’.