di ROBERTO ZANNI
'Romagna mia' adesso si canta anche a New York. Già perchè il glorioso Cesena è passato di proprietà (60%) a una coppia di statunitensi: Robert Lewis e John Aiello. L'ultimo, ma solo in ordine di tempo, acquisto americano nel panorama calcistico italiano. Robert Lewis è un avvocato nella Big Apple, suo il JRL Group che opera in campo equity e ha voluto comprare in Italia non solo perchè la moglie è originaria di Pesaro. "Vogliamo portare avanti un progetto che mescoli la cultura sportiva americana con quella italiana'. E in queste poche parole probabilmente possiamo trovare anche la motivazione principale che spinge i dollari a entrare in campo nel gioco più amato dagli italiani. Primo punto: negli Stati Uniti non si può investire poco, come ad esempio successo con il Cesena, (si parla di un paio di milioni di euro) ed avere davanti prospettive senza limiti. Perchè solo per rimanere nel calcio (e comunque si tratta di una regola presente in tutte le leghe pro) non esistono promozioni e retrocessioni, se si compra un club di livello alto lo si paga carissimo: nella MLS, la prima lega del soccer, per poter entrare con una nuovo team il prezzo oggi è di 325 milioni di dollari. Quanti Cesena si possono comprare con quella cifra? Il mercato USA, le super league dal football americano al baseball al basket, gli sport di punta, è destinato soltanto a chi di soldi ne ha davvero tanti e poi trovare una franchigia da acquistare non è certo una strada facile. In Italia il discorso è diverso e le possibilità sono innumerevoli se si parte poi dal basso c'è solo l'imbarazzo della scelta. Così l'America ha fatto tredici, per ora. Tanti infatti sono i club italiani con proprietà oltre oceano. Sette in serie A: Bologna (Joey Saputo, Montreal, Canada), Fiorentina (Rocco Commisso, New York), Genoa (Partner 777, Miami), Roma (Dan Friedkin, Houston), Milan (Elliott Inv., West Palm Beach), Spezia (Robert Platek, New York) e Venezia (Duncan L. Niederauer, New Jersey). Quattro invece in B: Ascoli (North Sixth, New York), Parma (Kyle J. Krause, Iowa), Pisa (Alexander Knaster, New York) e Spal (Joe Tacopina, New York). Infine la C con, oltre al Cesena, anche il Campobasso (North Sixth, New York). Comanda New York, dove si trovano sette proprietà che poi spaziano in differenti settori dell'imprenditoria: dalla finanza, equity, studi legali, concessioni tv, auto, supermercati... C'è un po' di tutto, ma soprattutto la certezza di poter fare investimenti lucrosi, crescere, senza doversi svenare per diventare proprietario di un club di calcio. Così se Roma e Milan in A sono senza dubbio le punte dell'iceberg con bilanci quasi americani, alle loro spalle ci sono realtà che crescono senza la necessità di investimenti esagerati: basta guardare il Venezia o lo Spezia, ma anche la stessa Fiorentina. Che dire poi della B a cominciare dal Pisa che dopo un trentennio torna a sentire profumo di promozione o della C dove realtà con grandi prospettive davanti come Cesena, ma anche Campobasso stanno facendosi conoscere anche al di là dell'Atlantico? C'era un tempo che gli americani - un esempio per tutti Tim Barton a Bari era il 2009 - venivano in Italia per i grandi bluff: ce ne sono stati diversi, un altro nome Joseph Cala a Salerno due anni dopo. Adesso invece arrivano e comprano sul serio anche se qualche intoppo ogni tanto salta fuori. Ne sanno qualcosa a Spoleto (campionato Eccellenza) dove si sono visti la cordata arabo-americana guidata dalla principessa Norah Al Saud acquistare il club locale per poi mollarlo all'improvviso l'anno scorso: oggi non esiste più.