di Ottorino Gurgo
Sono soprattutto due gli esponenti politici che, in vista delle prossime elezioni per il nuovo presidente della Repubblica, aspirano a ricoprire il ruolo di "mazzieri" vale a dire a detenere il "mazzo delle carte" e a guidare il gioco. Si tratta dei due Matteo, Salvini, leader della Lega, e Renzi, leader di "Italia viva". Non da oggi i due sono impegnati a tessere la tela per essere determinanti nella scelta del capo dello Stato e c'è addirittura chi ipotizza che si muovano di conserva, in virtù di un "patto segreto" che dovrebbe rafforzare le loro posizioni. A muoverli sono motivazioni diverse e tuttavia convergenti.
Salvini punta a un duplice obiettivo: quello di tornare a occupare la posizione di protagonista della politica nazionale che occupava da ministro degli Interni, ma che negli ultimi tempi si è andata progressivamente appannando e, nel contempo, dimostrare di essere lui e non Giorgia Meloni a guidare la coalizione di centrodestra e ad essere,quindi, l'interlocutore con il quale le forze politiche devono trattare.
Quanto a Renzi, è chiaro ch'egli mira a rafforzare la fama che lo circonda, di essere più di ogni altro capace di portare al successo i propri candidati. È fuor di dubbio (e anche i suoi numerosi avversari glielo riconoscono) che fu lui a portare, nel 2015, Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica e che è stato lui a favorire la caduta di Giuseppe Conte (che, non a caso, lo considera il suo peggior nemico) e, quindi, l'avvento di Mario Draghi alla guida del governo. È evidente che se, anche questa volta, riuscisse a svolgere un ruolo determinante, il suo peso politico si accrescerebbe e ciò favorirebbe la sua uscita dalla situazione di isolamento nella quale attualmente si trova.
È innegabile che la scelta del nuovo inquilino del Quirinale richieda l'opera di una regia esperta, capace di mediare tra le forze politiche divise tra loro e al loro interno. E, specie in un momento come l'attuale sarebbe assolutamente auspicabile una soluzione condivisa, che prescinda dai contrapposti schieramenti. Ma colui che dovrebbe assumersi l'onore di spingere i partiti verso una soluzione di questo tipo, dovrebbe essere una personalità in grado di muoversi al di sopra delle parti e, comunque, non mosso da interessi personalistici. Altrimenti la sua mediazione porterebbe più danni che benefici.
Nel caso al quale abbiano fatto riferimento non ci sembra che i "mediatori" citati, vale a dire i due Matteo, abbiano i requisiti richiesti per il ruolo che aspirerebbero a svolgere. Anzi, le loro caratteristiche sono da considerare di segno contrario. Un regista dell'"operazione Quirinale", ciò malgrado, continua a essere più che mai necessario, ma occorre fare bene attenzione a coloro che si propongono come mediatori perché la inidoneità di coloro che si propongono per un tale ruolo contribuisce ad accentuare il timore che l'appuntamento di febbraio possa svolgersi all'insegna della massima confusione.