Draghi ha una serie di scogli davanti a sé. È l’eredità di un 2021 tumultuoso, pandemico, sussultorio. Il premier è in carica dal 13 febbraio e ha dovuto risolvere molti problemi.
Ma inevitabilmente, fisiologicamente, qualche guaio serio è rimasto. Non che lo turbi più di tanto essendo collaudato nelle tempeste. Ad esempio, quando era presidente della Banca centrale europea, attraversò la crisi del debito sovrano europeo- la crisi della zona euro. Lasciando molti sorpresi dalle sue decisioni per preservare la moneta europea.
Qualcuno ricorderà la sua frase iconica, pronunciata nel 2012 (“costi quel che costi“) per indicare che sotto il suo mandato avrebbe “fatto tutto il necessario “ per uscirne bene.
E così è stato. Ora, un decennio dopo quella burrasca, sono di turno le rogne tricolori. Non poche, non semplici. Tutt’altro. Vediamole.
1) La ripresa è a rischio. Per queste ultime feste ci sono stati segnali inquietanti: calo dei consumi stimati da Conferesercenti in due miliardi. Di cui 1,2 miliardi attribuibili a turisti stranieri. E poi aree di maggiore sofferenza che reclamano aiuti di Stato.
In testa agenzie di viaggio, discoteche, ristoranti, alberghi, abbigliamento. Tutti chiedono di tarare meglio i provvedimenti restrittivi. Affinché siano comunque compatibili con il regolare svolgimento delle attività economiche. Dopo la Befana, Draghi avrà cortei di questuanti alle calcagna. E non è un bel vivere.,
2) Il nodo energia.
Il “caro bollette “ sarà una spina nel fianco dell’ Esecutivo Draghi. I dieci miliardi già utilizzati per ammorbidire le bollette delle famiglie non bastano più. Purtroppo. E allora che fare? Draghi sta valutando (dice il suo entourage) una doppia soluzione: incrementare la produzione nazionale di gas naturale e ridurre la tassazione ingiustificata, eccessiva.
Ma si potrebbe anche fare altro. Ad esempio, utilizzare le scorte , stoccate a livello europeo, per calmierare i prezzi; oppure cominciare a comprare l’energia non più a spot ma con contratti a lungo termine. Supermario starebbe anche valutando nuovi “corridoi “ di approvvigionamento, implementare con più coraggio le rinnovabili. Magari, perché no, favorire la ricerca sul nucleare sicuro.
3) I malumori dei partiti. Draghi ha battuto il record di Monti sul voto di fiducia. E i partiti si sono irritati (eufemismo). Vanno recuperati al più presto. L’ok lampo sulla Legge di bilancio approvata il 30 dicembre con 355 favorevoli e 45 contrari , non è piaciuta in particolare a molti dem (vedi Madia) che hanno parlato di “torsione della democrazia “.
E poi quei quattro decreti Covid addirittura in 40 giorni – e uno non è nemmeno finito in Gazzetta Ufficiale, assorbito dal precedente del giorno prima – hanno allarmato non soltanto i peones. La compressione del dibattito parlamentare ,in particolare, ha a tutt’oggi una coda velenosa. Le istituzioni reclamano dignità. Accontentarle non sarà facile. E questo per Supermario più che uno scoglio è un Everest.