di Franco Esposito
Superlatitante italiano scovato dopo venti anni in Spagna. Ma sapete come e perchè è terminata la sua luga fuga dalla legge italiana? Lo hanno preso con Google Maps e catturato il 17 dicembre vicino a Madrid. Gioacchino Gammino deve scontare l'ergastolo. L'ha tradito una foto pubblicata su Facebook nel ristorante "La cocina de Manu", dove lavorava in qualità di chef.
Il primo arresto di Gammino avvenne nel 1994, su ordine del giudice Falcone. Segni particolari, catteristici, proprio quella cicatrice sulla parte sinistra del mento. "Come avete fatto a trovarmi?", ha chiesto sorpreso e meravigliato agli agenti della Guardia Civil. Pensava infatti di essere diventato un fantasma, aveva rotto i ponti con la Sicilia, da oltre diciassette anni non telefonava a casa. Come se non avesse più una famiglia o conoscenze più o meno importanti sull'isola. A Palermo e dintorni.
Su di lui, boss della Stidda, aveva indagato a lungo il giudice Falcone. Gioacchino Gammino si sentiva ormai al sicuro alla periferia di Madrid. Viveva da perfetto insospettabile. Commerciante e chef a Galapagar, cittadina di 25mila abitanti nel cuore della Castiglia. Latitante all'estero con una condanna all'ergastolo sulle spalle. Le tracce del padrino di Stidda sono riemerse nel modo più inaspettato. Su Google Maps.
Quelle immagini hanno rappresentato un formidabile aiuto per gli investigatori della Dia e per i magistrati di Palermo. Era proprio lui, il boss superlatitante, davanti a un negozio di frutta di Avenida de los Voluntarios si intravede un uomo che somiglia molto a Gammino. Dal numero di telefono del locale, l'indagine è arrivata a un ristorante poco distante, chiuso dal 2014. Su Facebook la foto dello chef Manuel, ovvero Gioacchino Gammino. Ricercato in Italia per una condanna all'ergastolo come conseguenza della sanguinosa faida della Stidda. Fra Cosa Nostra e la mafia dei ribelli.
Gammino è un riconosciuto uomo d'affari criminali. Il giudice Falcone lo riteneva trait d'union con alcuni gruppi mafiosi radicati in Lombardia. In Spagna c'era già andato nell'89, per sfuggire al mandato d'arresto per omicidio. A Barcellona, quell'anno, fu ammanettato, poi estradato in Italia e trasferito al carcere romano di Rebibbia.
Una storia piena di colpi di scena questa del mafioso palermitano esule a lungo in Spagna. Un'evasione dal carcere, un film girato con Vittoria Belvedere, Confuso fra i parenti di alcuni detenuti, fece perdere ogni sua traccia. Da allora sono mancate notizie sul conto di Gioacchino Gammino. Una primula rossa, tout court.
Ma il boss laitante in Spagna non aveva previsto che Google Maps potesse intervenire in soccorso degli investigatori italiani. Coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Gianluca De Leo, sono piombati sul fatto con un'indagine vecchio stampo. Gammino non aveva più contatti con la Sicilia. Ma un altro indizio sul profilo facebook del ristorante portava alla sua terra. "Cena siciliana"era il pezzo forte del menù. Illustrato come se fosse la locandina del film "Il Padrino".
I fili del gioco però questa volta erano gli spaghetti; la mano del burattinaio teneva forchetta e cucchiaio. Solo folklore o nostalgia di vecchio mafioso? Le indagini intanto proseguoo a tappeto. Gli investigatori italiani sospettano che le attività llecite di Gammino siano il paravento per altri loschi affari. Quelli che su Google Maps non si vedono. Ma i social hanno mostrato un padrino vecchio stampo, religioso, credente. Nel ristorante aveva sistemato un quadro con Padre Pio e la mistica Natuzza Evola. Gammino è devoto di entrambi. Ma stavolta la protezione non l'ha ricevuta.