di Arturo Minervini
Il papponismo è una corrente filosofica nata a Napoli nei primi anni 2000, con l'avvento alla guida del club di Aurelio De Laurentiis. È un pensiero che si è annidato un gruppo numeroso di tifosi, pronti ad additare il patron come uno sempre pronto a speculare sulla passione e sfruttare il marchio Napoli per i propri interessi. E ci sta, perché alla fine il calcio è espressione assoluta di libertà.
Sul caso Insigne, però, qualche riflessione va fatta. Negli anni di De Laurentiis si sono susseguiti grandi calciatori, spesso intuizioni geniali degli osservatori del Napoli (o di Benitez). Elementi pagati cifre esigue e sempre rivenduti a prezzi esorbitanti: da Lavezzi a Cavani, da Higuain e Jorginho i big sono andati via da Napoli portando sempre una valanga di milioni nelle casse del club. Lo stesso Hamsik, partito in età avanzata, frutto al club 20 milioni di euro al momento dell'addio in corsa.
A meno di clamorosi colpi di scena, Insigne sarà il primo big a partire senza portare nemmeno un euro nelle casse del Napoli. L'attuale capitano andrà via in scadenza di contratto, scegliendo l'esilio milionario in terra canadese. C'è da chiedersi: come mai è accaduto? Se De Laurentiis aveva fiutato la volontà di non accettare il rinnovo da parte del numero 24, perché non lo ha ceduto prima? Anche qui, la risposta è nella stessa destinazione scelta da Insigne per l'ultima parte di carriera: perché di offerte esorbitanti, anche quando il Napoli aveva davvero valutato la possibilità di cedere Insigne, non ne sono mai arrivate.