Il palazzo del Quirinale (foto depositphotos)

 

 

di Ugo Magri

 

Nel IX cerchio dell’Inferno parlamentare s’incontrano i “voltagabbana”, denominati anche “saltafossi”, che il popolo elegge con una certa casacca (per esempio quella dei Cinque stelle) e poi nel corso della carriera cambiano maglia come un Edin Džeko o un Hakan Çalhanoğlu. Su di loro si abbatterà la punizione dei nuovi Regolamenti di Camera e Senato, che prevedono sostanziosi tagli alla paga dei “cani sciolti”: così impareranno a tradire la fiducia di chi ce li ha messi. Ma ancora peggio dei “voltagabbana”, e addirittura più in basso nel girone infernale della politica, sono senza dubbio i “franchi tiratori”.

A differenza di quegli altri, questi vigliacchi non hanno nemmeno il coraggio di venire allo scoperto. Si mimetizzano, agiscono nella penombra, spuntano come guerriglieri dalla giungla. Infidi perché potrebbero essere chiunque, compreso quel deputato o senatore che ti ha appena dato una pacca sulle spalle; sleali, in quanto smascherarli è tempo perso; irresponsabili, poiché se ne infischiano dei rispettivi leader; inoltre perfidi, beffardi, vendicativi. Personaggi squallidi, però protetti dalla Costituzione che tutti consideriamo la più bella del mondo. All’articolo 83 prevede che l’elezione del presidente della Repubblica abbia luogo “per scrutinio segreto”. Col risultato che dalla quarta votazione in poi, quando basterà la maggioranza assoluta per eleggere il successore di Mattarella, ogni candidatura sarà esposta al fuoco dei francs-tireurs come li chiamano in Francia. Piaccia o meno, saranno i veri arbitri della corsa al Quirinale.

Prepariamoci dunque a riascoltare i soliti piagnistei, le manifestazioni di sdegno, le demonizzazioni di questi loschi figuri. Si ripetono ogni volta sempre uguali (dopo i “centouno” che nel 2013 fecero fuori Romano Prodi, dopo gli ottanta che nel 1992 accopparono Arnaldo Forlani, dopo i sessanta su cui nel 1971 inciampò Amintore Fanfani) e francamente hanno un po’ stancato. Sarebbe ora semmai di cogliere certi altri aspetti più positivi, dei quali poco si parla. Intanto cambiamogli nome. Chiamiamoli d’ora in avanti “liberi pensatori” che esercitano il diritto di scegliere con la propria testa, e già suona meglio. Se tutti fossero costretti a comportarsi come desiderano i leader, tanto varrebbe dar retta a Berlusconi che quando era premier proponeva di far votare soltanto i capigruppo e mandare a casa 900 parlamentari, risparmiando tempo e denaro. L’idea che, per onorare il mandato, i portavoce del popolo debbano intrupparsi come soldati può venire giusto a qualche grillino. Li mandiamo a rappresentarci, non a prendere ordini dal capetto di turno. Meglio un tot di anarchia che la tranquillità dei regimi. Abbasso i servi sciocchi e viva i “franchi tiratori”.

Ma c’è dell’altro. La loro minacciosa presenza sarà una spada di Damocle; terrà sulla corda i vari Conte, Letta, Salvini e Meloni; li costringerà a tendere l’orecchio verso la base parlamentare, a trattare con rispetto i cosiddetti “peones”, ad astenersi da inutili prepotenze per non venire smentiti nel voto segreto, con conseguente perdita di credibilità come boss. La scelta del nuovo presidente sarà meno “cosa loro”. Più partecipata e persuasiva.

Ulteriore vantaggio: se ci saranno nodi da sciogliere, questioni da affrontare, i nostri grandi strateghi dovranno provvedervi in anticipo senza rinvii. Sulla durata del governo, per dirne una: spostare Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale rifiutando di chiarire chi prenderebbe il posto da premier significherebbe esporre Super Mario al fuoco concentrico dei “franchi tiratori”. I quali sono mossi da pulsioni poco encomiabili (salvare l’indennità da 12mila euro netti al mese e, trascinando la legislatura fino all’autunno, conquistarsi il diritto alla pensione); ma a modo loro quei sedicenti onorevoli tutelano un interesse generale, che consiste nel rispettare gli impegni con l’Europa e nell’incassare i miliardi del Recovery Fund.

Oltre a difendere la stabilità, i “liberi pensatori” possono toglierci le castagne dal fuoco. Meloni e Salvini non sanno come frenare la candidatura di Berlusconi, il quale li ricatta e pretende di correre a ogni costo? Niente paura, sguinzaglieranno frotte di “franchi tiratori” che, come gli sciacalli e le iene nella savana, possono svolgere una funzione ecologica fondamentale. Altro esempio: Letta e Conte indicano per il Colle figure nobili ma del tutto inadatte al ruolo? Tranquilli, anche in questo caso ci sono i “liberi pensatori” pronti a scattare in azione. Per queste malefatte li copriranno di insulti; le coscienze morali esprimeranno sdegno; i capi-partito daranno loro una caccia forsennata; magari studieranno qualche nuovo trucco per confiscare la libertà di voto. Ma sono l’ultima risorsa di un sistema allo sbando, un dono della Provvidenza, la nostra “mano de Dios”. E non li ringrazieremo abbastanza del loro sporco lavoro.