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Di PAOLO BORZACCHIELLO

Dicono che il silenzio è d’oro (so, ovviamente, che si dovrebbe scrivere “dicono che il silenzio sia d’oro”: mi sono concesso una licenza poetica, prima che pensiate che a scriver troppi post sul ministro Di Maio io sia stato contagiato dall’incapacità di usare i congiuntivi). Dipende, voglio aggiungere. Il silenzio, per uno che si occupa di parole, è certamente uno degli strumenti più potenti a disposizione di chi voglia interagire efficacemente con gli altri, da molteplici punti di vista: per esempio, quando taci, permetti agli altri di parlare di più e di raccontarsi. Oppure, quando taci non rinforzi idee altrui (se le contesti o dici di esserne contrario, infatti, praticamente non fai altro che sostenerne l’esistenza). Sto parlando, tanto per cambiare, della teoria dei frames del mio amato Lakoff: quando rispondiamo a una critica, a un insulto, a una obiezione, di fatto ne legittimiamo l’esistenza. Il che a volte è necessario ma altre volte proprio no, e infatti finiamo per tirarci la zappa sui piedi. Insomma, il silenzio a volte è proprio utile perché mostra in pratica il rispetto che noi abbiamo per il nostro interlocutore (in un caso) o perché ci evita di infilarci in vicoli ciechi dai quali poi è difficile uscire. Ma, per l’appunto, non sempre è così e questa settimana abbiamo avuto vari esempi di vita vera in cui il silenzio è stato d’oro e in cui il silenzio d’oro non lo è stato affatto. Il silenzio del bravissimo Berrettini, che non risponde agli insulti e semplicemente si porta un dito all’orecchio per comunicare il suo “non vi sento”, è uno di quei silenzi che val la pena imparare a fare: rispondere a un cretino, da questo punto di vista, è uno spreco di tempo e costituisce una sorta di legittimazione del punto di vista altrui, così come – sui social – rispondere a un hater o a chi commenta tanto per rompere le scatole in qualche modo ne conferma l’importanza, cosa che – lo sappiamo – andrebbe evitata. Un po’ come diceva Oscar Wilde, insomma, quando affermava “mai discutere con un idiota, ti porta al suo livello e ti batte per esperienza”. Imparare l’arte del silenzio, così ben praticata da Berrettini, è cosa impegnativa e a volte non basta una vita, se l’ego è troppo grande e l’attaccamento alla voglia di aver ragione ci fa perdere di vista il senso delle cose. Sarebbe stato d’oro, tornando ai fatti della settimana, anche il silenzio di alcuni parlamentari che, dando prova di una pochezza mentale imbarazzante e di un cattivo gusto di dimensioni cosmiche, mentre il Paese è in tilt e la nostra classe politica spreca giornate (pagate) per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica, si divertono a scrivere sulle loro schede elettorali i nomi di personaggi famosi o di personaggi di fantasia, da Alfonso Signorini a Terence Hill e chi più ne ha più ne metta, incuranti del fatto che le aziende annaspano, i cittadini sono esasperati e, nel frattempo, la Nazione va a rotoli. Una scheda bianca, una scheda “silenziosa”, seppur poco utile in un momento del genere, ha almeno un po’ di dignità. Una scheda che reca la scritta “Alfonso Signorini”, invece, di dignità non ne ha affatto (il buon Signorini ovviamente non c’entra e non vorrei mai attribuirgli altre colpe oltre quella di aver reso ancora più trash il programma più mentalmente oltraggioso della storia della televisione italiana, credo che basti quella). In quelle aule, quindi, il silenzio sarebbe stato davvero d’oro. Ma tant’è. Altre volte, invece, il silenzio non è d’oro per niente: quello di tutti coloro che si sono sempre (e giustamente) schierati contro le volgarità di personaggi come Trump e che nulla dicono sugli insulti che il presidente Biden rivolge al giornalista di Fox News (“stupido figlio di p….”, che tra i vari insulti è uno di quelli peggiori, perché è pure sessita) è un silenzio che non va bene, perché diventa la legittimazione di alcuni comportamenti in funzione della bandiera politica di chi li mette in campo. Lo sappiamo bene anche qui in Italia, dove ci si inginocchia in Parlamento a corrente alternata e dove, per esempio, le prese di posizione sul sessismo sono sempre a senso unico (da sinistra verso destra, tanto per essere chiari e magari ci scriveremo un pezzo, chissà). Dopo la “gaffe” di Biden, mi sarei aspettato i soliti pasionari nostrani stracciarsi le vesti in nome della democrazia e del rispetto, ma a quanto pare non sono riuscito a trovare nulla (se trovate qualche articolo in cui si parla di Michela Murgia che se la prende con il sessista Biden che denigra le meretrici di tutto il mondo senza battere ciglio, speditemi il link). Nessuno prende posizione? Nessuno dice che “è sbagliato”? A me sta bene: non credo, personalmente, che un “son of a b…” ogni tanto sia un problema, anzi. Credo però che non sia sano il commentare a comando, lo stigmatizzare a caso, il parlare solo quando fa comodo. Ecco: certi silenzi, quindi, d’oro non lo sono affatto.