di Franco Esposito
Torna protagonista il pubblico. Pellicce e smoking a riempire il vuoto dello scorso anno senza spettatori. L'incubo covid non è più di casa al teatro Ariston. Al Festival di Sanremo trionfa intanto Fiorello. Ma al centro della scena, bene in vista, si piazza la sfida della vecchia guardia ai giovani leoni della canzone italiana. Cinque mostri, più o meno sacri, contro la new entry e quant'altri fanno musica oggi in Italia. Cinque big sempiterni che hanno spiegato e continuano a spiegare l'Italia, con le loro voci e le loro canzoni.
Nella prima serata della rassegna sanremese Fiorello firma lo show contro la paura. "Sono io il booster del Festival", Il conduttore Amadeus il finto bersaglio dell'ironia dell'irresistibile showman. "Non gli credete se dice che non farà la quarta edizione... Io un direttore artistico ce l'ho, il generale Figliuolo". E avanti con la gag del braccio che gli fa male. Prende in giro i complottisti No Vax. "Attenzione, è il vaccino, sono i poteri forti, è il grafene...". E rivolto ad Amadeus, in tono scherzoso, "io nel 2001 bacia il direttore di Rai1 Del Noce, tu devi baciare i direttore di Rai1 per anullare l'anatema dello scorso anno, che un altro Festival sarebbe andato male...".
Sul palco appare commosso Gianni Morandi, settantasette anni, una sola vittoria a Sanremo, ma anche due conduzioni. All'Ariston dovrebbe quindi essere di casa.
Il bolognese Morandi, al contrario, sembra indossare i panni del debuttante. Laddove è una sorta di capitano del quintetto che sfida i giovani. Ma volete mettere gli altri? Orietta Berti, settantotto anni, che sta un po' di là e poi di qua, presentatrice e intrattenitrice. Una presenza galleggiante, non in gara, però a sostegno comunque della squadra dei big. Gareggia in coppia con Fabio Rovazzi.
Iva Zanicchi è la meno giovane di tutte e di tutti, ottantadue anni. Sale sul palco dell'Ariston per la settima volta, tre vittorie, e una personale fresca convinzione. "Il Festival non è più quello di una volta". Se lo dice lei, bisogna pensare davvero che abbia virato da una certa parte sia la gara canora che ha attraversato e scandito la storia dell'Italia. Per la Zanicchi hanno scritto canzoni Mogol, Vechioni, Battisti, Gaber. "Sono qui per vincere un'altra volta", è il, suo grido di battaglia di donna e di cantante che dimostra di volersi fare un baffo dell'età.
Massimo Ranieri, settantenne, a Sanremo vinse nell'ormai lontano 1988 con "Perdere l'amore", e anche questa volta è tra i favoriti, Donatella Rettore, con i suoi due milioni di dischi venduti, che di anni ne conta sessantasei, non viene inserita nell'elenco ristretto che comprende i nomi di chi può vincerlo, il Festival.
Prigioniero finto o vero della nostalgia, Massimo Ranieri si abbandona ai sospiri. É uno dei grandi della specie "nessuno alla fine può essere come loro". Come Morandi, se ce n'è uno di big in gara a Sanremo. "Mi sembra di essere tornato ai tempi di Canzonissima", si lascia prendere e possedere appunto dalla nostalgia Massimo Ranieri.
Ah, quei tempi, quando l'artista napoletano e Morandi erano impegnati in singolar tenzone canora per la conquista della leadership in Italia. Avversari sì, nemici però mai. "Amici, amici veri", assicura Ranieri.
Sanremo è anche questo. Il ricordo affettuoso a Tito Stagno, che una notte ci portò tutti sulla Luna, con una memorabile indimenticabile telecronaca, in mezzo alla disfida sulle note musicali tra l'antico e il moderno. Ma sì, e nessuno si offenda, tra il vecchio e il nuovo. E io qui lo dico e non lo nego, sono con il vecchio, ovvero il bello, almeno secondo me.
Ornella Muti esibisce uno spacco mozzafiato. Il saluto a pugno chiuso della Rappresentante di Lista a fine esibizione. L'auto battesimo di Achille Lauro e l'inedita performance di Mahmood e Blanco. Ieri la seconda serata, con l'attrice Lorena Cesarini, nata a Dakar, madre senegalese e padre italiano, al fianco di Amadeus. Tredici cantanti in gara e una superospite. Davvero non è un modo di dire, trattandosi di Laura Pausini, al ritorno sul palco dell'Ariston a trent'anni dall'esordio al Festival con la canzone "Solitudine". La Pausini vinse la categoria dedicata ai giovani e noi tutti, penso, eravamo contenti e felici di vivere in Italia, con addosso trent'anni in meno. Ma non solo per questo: c'è molto altro.
Smaniano i giovani leoni, rispettosi sì dell'arte e delle storie dei cosiddetti mostri sacri in età avanzata, però convinti di catturare l'attenzione e il consenso del pubblico. Non solo di quello presente all'Ariston. Ma volete mettere i palamares dei big sempiterni? Detto della Zanicchi e Morandi, eccoci al vasto, qualificante percorso coperto da Massimo Ranieri. É passato da Anna Magnani e Vittorio De Sica, da Patroni Griffi a Strehler e Eduardo De Filippo, dalla canzone, al cinema, alle variegate spettacolari interpretazioni teatrali senza mai perdere l'amore. Un drago del palco, lui, e gli altri mammasantissimi della canzone, donne o uomini non fa differenza.
Sulla carta, e non solo, non dovrebbe esserci match. Ma sappiamo come mutevoli sono l'umore e il gusto del pubblico chiamato ad esprimere preferenze. Però in fondo alla questione, anche per canzoni e cantante, il tempo conta. Un suo peso ce l'ha sempre. Vediamo se la regola vale anche al Festival tutto italiano, finalmente.