"Non mi fido di questi magistrati: li denuncio". È tutta in questa frase la giornata di Matteo Renzi che, dopo aver saputo della richiesta di rinvio a giudizio per l'inchiesta sulla Fondazione Open, passa all'attacco e - mossa a sorpresa, unica più che rara - denuncia per abuso d'ufficio i pm che lo stanno mandando a processo. Le ragioni? Il leader di Italia Viva a Porta a Porta le spiega così: "Io non mi fido di questi magistrati. Li denuncio. Ho il compito istituzionale di difendere chi non si può permettere una tribuna per spiegare che la legge è uguale per tutti, anche per i magistrati". Fosse stato questo l'unico annuncio della giornata, già sarebbe bastato a creare scompiglio. E invece no. Il senatore di Scandicci, da Bruno Vespa, fa sapere che a breve uscirà un suo libro: "Il cinque aprile (il giorno successivo all'udienza preliminare, ndr) esce un mio libro, tiro fuori tutti i tentativi di dossieraggio subiti, i servizi segreti. Scrivo tutto, così se mi succede qualcosa è tutto agli atti".
Ma è nei confronti della magistratura che si concentrano gli attacchi di Renzi. Lasciando da parte i servizi segreti e tornando al primo nemico della giornata, l'ex premier ritiene, e lo ha detto anche davanti alla giunta per le immunità del Senato, nelle carte siano finite chat ed e-mail, quattro in tutto, che non avrebbero potuto essere allegate. Perché si trattava di messaggi, rinvenuti sui dispositivi di altri indagati, mandati quando era già senatore. E, quindi, inutilizzabili - dice Renzi - in base all'articolo 68 della Costituzione. La giunta di Palazzo Madama ha proposto un conflitto di attribuzione davanti alla corte Costituzionale, per appurare se i pm abbiano usato poteri che non avrebbero potuto utilizzare. Sulla questione, però, dovrà pronunciarsi nelle prossime settimane tutta l'assemblea. Perché Renzi abbia deciso di non aspettare l'Aula, visto che ha più volte detto che avrebbe rinunciato all'immunità, e fare questa singolare denuncia non è dato sapersi. Il ragionamento alla base dell'atto che ha mandato a Genova, ci spiega chi conosce da vicino la vicenda, è stato più o meno questo: i pm, nel corso delle indagini, hanno usato illegittimamente degli atti. Mandandomi a processo mi hanno creato un danno, e allora io li denuncio per abuso d'ufficio. Nell'atto indirizzato alla procura di Genova - che, a quanto apprende Huffpost, non porta la firma di uno degli avvocati storici dei Renzi, Federico Bagattini - oltre all'articolo 68 della Costituzione e alla legge che ne disciplina l'applicazione, viene infatti citata la norma sull'abuso d'ufficio.
La tesi del leader di Italia Viva, ci fanno notare giuristi esperti della materia, ha però un grosso ostacolo. Chiamasi dolo intenzionale e lascia poco spazio alle interpretazioni. Per come è scritta la legge, non basta sostenere che i pm, violando (sempre secondo Renzi) le regole, gli abbiano anche creato un danno. Bisogna dimostrare che le toghe abbiano operato solo ed esclusivamente per arrecare un danno a Renzi. Un'impostazione del genere, spiegano ancora le stesse fonti, è pressochè indimostrabile
La denuncia di Renzi, letta in quest'ottica, sembra quindi più un atto di sfida, un colpo di teatro senza precedenti, che uno strumento concreto per rilevare i presunti reati dei pm. Anche se lui a la motiva così: "Io sono stato presidente del Consiglio. Io ho il compito istituzionale di difendere chi non può avere una tribuna. Siccome credo che i tre magistrati hanno violato 3 leggi, io ci ho messo la faccia, non ho paura di niente, chiedo che siano processati perché hanno violato la legge". Se Renzi chiama in causa i pm, il suo ufficio stampa incalza: "Finalmente inizia il processo nelle aule e non solo sui media. E i cittadini potranno adesso rendersi conto di quanto sia fragile la contestazione dell'accusa e di quanto siano scandalosi i metodi utilizzati dalla procura di Firenze". Per essere più chiari, nella nota si citano uno per uno i pm che stanno portando a processo Renzi e gli altri: "È utile ricordare che la richiesta è stata firmata dal Procuratore Creazzo, sanzionato per molestie sessuali dal Csm; dal Procuratore Aggiunto Turco, che volle l'arresto dei genitori di Renzi poi annullato dal Tribunale della Libertà e dal Procuratore Nastasi, accusato da un ufficiale dell'Arma dei Carabinieri di aver inquinato la scena criminis nell'ambito della morte del dirigente Mps David Rossi. Questi sono gli accusatori". A questo passaggio si aggancia Renzi in persona, durante la registrazione di Porta a Porta: "Domando alla magistratura italiana: vi sembra normale che l'azione penale sia esercitata da persone con questa credibilità? Se ci sono questi comportamenti è evidente che la gente non crede più alla magistratura".
Al di là degli esiti che potrà avere (o non avere) resta la singolarità della decisione di denunciare i pm. Spulciando gli archivi si nota che non sono arrivati a tanto neanche politici che con la giustizia si sono scontrati ancora più platealmente di Renzi. Berlusconi e Craxi, ad esempio. E se a qualcuno venisse in mente di fare il paragone con il Cavaliere, il senatore di Scandicci si affretta a precisare: "Io non faccio come Berlusconi, non dico 'tutti i giudici sono comunisti'".
Le accuse nei confronti dell'ex premier e degli altri indagati nell'inchiesta Open sono, a vario titolo, finanziamento illecito ai partiti, corruzione, riciclaggio, autoriciclaggio, traffico di influenze. Dati i contorni, e le ipotesi di reato, c'è già chi dice che finirà come una bolla di sapone. Tra questi c'è Enrico Costa, deputato di Azione, che sostiene: "Finirà nel nulla. Perché non sta in piedi". Dai toni di Renzi e del suo entourage, e dai contorni dell'inchiesta, c'è da immaginare che questa vicenda continuerà a far discutere anche fuori dalle aule dei tribunali. Anzi, forse soprattutto fuori dai palazzi di giustizia.