Stagnazione e declino sono la trappola in cui si trova il Sud Italia. Ma attenzione, le nuove sfide europee e mondiali come la digitalizzazione e la green economy potrebbero essere ulteriori elementi di pericolo. La digitalizzazione contiene nuovi rischi di divergenza, a cui bisognerà fare attenzione; mentre potrebbe presentare, in particolare con il telelavoro, delle opportunità di sviluppo importanti per i piccoli centri in declino e le aree rurali. «Ma queste opportunità – ha rilevato il commissario europeo alla Coesione Elisa Ferreira – richiedono una strategia politica adatta, e investimenti» perché si possa concretizzarle. Rischi e opportunità sono presenti anche nel Green Deal, che creerà nuova occupazione nei settori di punta della transizione energetica, ma anche perdita di posti di lavoro in diversi comparti tradizionali, quelli tipici dell'economia del Mezzogiorno.
Quello che è accaduto e che non si deve ripetere, secondo la Commissaria Ue, è che è cresciuto il divario nell’innovazione regionale a causa della mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo e delle debolezze negli “ecosistemi di innovazione” per le imprese nelle regioni meno sviluppate del Sud. Per cambiare passo «deve esserci una chiara strategia di sviluppo, che tenga conto di tutto lo spazio territoriale e che punti a un’analisi dettagliata dei fattori che potrebbero permettere un salto di competitività, con l’accesso agli ecosistemi europei industriali avanzati. Bisogna puntare risolutamente sull’innovazione, sul trasferimento di know-how dai centri di ricerca e dall’università verso le imprese, e su una qualificazione delle amministrazioni pubbliche. «Bisogna rafforzare – ha insistito la commissaria – la qualità delle istituzioni a livello locale, dell’amministrazione pubblica, dell’innovazione, dell’istruzione, per passare al livello superiore di reddito, e anche a dei livelli di salari più alti, senza perdere competitività e produttività. Bisogna crescere di più grazie all’innovazione e alle nuove tecnologie».
La Ferreira punta il dito contro «certi paesi in cui lo sviluppo viene concentrato su uno o due poli, e così non possiamo compensare il ritardo strutturale che finisce per investire tutto il territorio. Quando si raggiunge un livello medio di reddito pro capite», in questi paesi «c’è spesso la tentazione di concentrare sempre di più gli investimenti nelle regioni più sviluppate, con l’idea che si sarà allora più in grado di fare concorrenza agli altri sul mercato interno e all’esterno». È evidente il riferimento al Centro-Nord dell'Italia. «Quello che penso, e il Rapporto lo dimostra, è che questo sia un errore, una cattiva strategia», ha sottolineato la Ferreira: «In questo modo si crea una migrazione interna, una iper-concentrazione, con le persone che lasciano i luoghi dove sono nate e hanno vissuto; e questo uccide la dinamica dello sviluppo in certe regioni, perché tutto si concentra nei centri già sviluppati. Noi insistiamo sul fatto che bisogna invece guardare alle zone circostanti e cercare di riequilibrare lo sviluppo nazionale».