di James Hansen
Per convenzione, le meraviglie del mondo sono sette, ma i diversi popoli non sono d’accordo su quali siano con, forse, l'eccezione delle piramidi d’Egitto, che ancora oggi appaiano sulle liste di tutti.
A causa dei nostri paraocchi culturali, tendiamo a ignorare le ‘meraviglie’ che non sono nostre o che comunque sono difficili da raggiungere—o forse solo troppo antiche o troppo imponenti da comprendere a vista... Tra queste c’è la Grande diga di Mā’rib, probabilmente il maggiore progetto d'ingegneria civile dell’antichità. I resti della diga si trovano nell'odierno Yemen: all'epoca della sua edificazione ancora il ricco, popoloso e semi-mitico Regno di Saba.
Recenti ritrovamenti archeologici suggeriscono che già verso il 2000 a.C. vennero realizzati sul posto un semplice terrapieno e una rete di canalizzazioni. I lavori per la costruzione della prima diga di Māʾrib ebbero inizio intorno al 750 a.C. e richiesero circa un secolo per essere completati. La diga attraversava l’imbocco della valle Dhana con uno sbarramento di terra compressa—ricoperta di pietra, ghiaia e muratura—lungo inizialmente 580 metri e alto 4 m.
L'opera si sviluppava tra le sponde di una gola dove si incanalava l’acqua piovana che scendeva dalle vicine montagne durante due brevi stagioni delle piogge, una nel mese di aprile e l’altra ad agosto. Dalla diga l'acqua alimentava un’estesa rete di canali d’irrigazione. Nel 500 a.C. la lunghezza del manufatto era arrivata a quasi 800 m e la sua altezza raggiungeva i 7 metri. Ulteriori lavori lo elevarono poi a 14 metri. L’invaso a quel punto consentì l'irrigazione di circa 100 km2 —10mila ettari—di territorio.
Lo storico musulmano al-Isfahani—i cui annali furono completati solo più tardi, nel 961—asserisce che la prima grande breccia nella diga si ebbe circa 400 anni prima della nascita di Islam. Altre fonti assegnano una data anteriore, attorno al 145 a.C. La causa non è certa. Alcuni storici l’attribuiscono a un ipotetico terremoto, ma siccome non sembra essere stato un evento istantaneo, è forse più ragionevole supporre che il fallo fosse dipeso dalla cattiva manutenzione e dalla conseguente infiltrazione d’acqua sotto le fondamenta. Il popolino del posto l’attribuì invece a certi topi “dai denti e artigli di ferro” che avrebbero lentamente eroso i massi di pietra sottostanti alla struttura, provocandone il crollo.
Le dighe, per quanto imponenti, forse non fanno l’effetto visivo delle piramidi di Giza e nemmeno del Colosseo, ma l’impatto storico può essere molto maggiore. Il crollo della diga di Mā’rib, e la conseguente impossibilità di coltivare le ricche terre di Saba, spinse i Sabeani a una massiccia fuga dal loro paese, verso l’interno desertico e scarsamente popolato della Penisola arabica—un salto dalla padella a una brace solo marginalmente più accogliente che li obbligò, per la limitatezza delle risorse, ad assumere come stile di vita il nomadismo. Col tempo, andarono a formare un popolo chiamato col nome di ʾaʿrāb, cioè, i vaganti nel deserto...
Non è dunque irragionevole immaginare che, se la diga di Mā’rib avesse retto, non sarebbe nata nei primi anni del VII secolo—mezzo millennio più tardi—la fede islamica.