Pur con le dovute eccezioni un po' a macchia di leopardo, i numeri della pandemia da Covid-19 sono in calo in tutto il mondo, Italia compresa. Scendono ormai costantemente da giorni contagi, ricoveri ospedalieri e intensive, mentre resistono, ma con un chiaro trend verso il miglioramento, i morti giornalieri. Tuttavia, i recenti picchi di contagi e/o morti, anche in realtà sanitarie virtuose come Hong Kong e, forse, Danimarca, indicano chiaramente come il futuro resta imprevedibile. Un recentissimo studio giapponese ha ulteriormente gettato benzina sul fuoco dell'incertezza e della paura affermando che la discendenza di Omicron, la cosiddetta Omicron BA.2 o più semplicemente Omicron 2, potebbe essere più contagiosa e patogena del suo progenitore.
Ciò a dispetto dei dati di real life provenienti da ogni parte del mondo che invece ci rassicurerebbe su morbosità e aggressività dell'ultima versione riveduta e corretta di Sars-CoV-2. Qualunque cosa accada, sul terreno restano ad oggi quasi sei milioni di morti, con più di 400 milioni di contagi, una cui parte non minore paga ancora le conseguenze su salute, socialità, affetti e finanze della malattia contratta. Il futuro resta incerto. Di fatto non sappiamo se esso ci riserverà altre mutazioni virali e se quel po' di armamentario terapeutico che abbiamo a disposizione basterà. Qualcuno parla di quarta dose e qualcuno della sua inutilità, qualcuno ancora avrebbe già dimostrato che un vaccino mirato su Omicron non sarebbe migliore dei vecchi per contrastare il virus.
Il 24 gennaio 2022, un medico argentino Edoardo Quinteros, commentando un articolo apparso 12 giorni prima sulla prestigiosa rivista scientifica Jama sulle necessarie terapie domiciliari dei pazienti con Covid-19 atte a prevenire l'ospedalizzazione, a firma di tre autori americani, ha scritto: "Anche se ci sono alcuni farmaci e anticorpi monoclonali che si sono dimostrati efficaci per il trattamento di persone a rischio non ricoverate in ospedale, tutti sono disponibili solo negli Stati Uniti o in Europa. Allo stesso modo, i vaccini sono molto limitati in molti Paesi, in particolare in Africa. È probabile che nuove varianti continuino a emergere fino a quando un trattamento preventivo e precoce efficace non sarà accessibile a livello globale. Al di fuori degli Usa e dell'Europa utilizziamo plasma convalescente con titoli anticorpali elevati (evidenza non molto convincente ovviamente), budesonide e, talvolta, fluvoxamina, incrociando le dita sul fatto che saranno efficaci e non dannosi".
Le tre terapie citate dal medico sudamericano sono rappresentate, la prima da alte concentrazioni di anticorpi anti-Sars-CoV-2 contenuti nel plasma di persone precedentemente contagiate, la seconda da un corticosteroide a potente azione antinfiammatoria per lo più locale e pertanto largamente utilizzato per via inalatoria nel trattamento dell'asma bronchiale, la terza da un ormai vecchio antidepressivo appartenente alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Le differenze di categoria farmacologica e dei meccanismi d'azione delle tre opzioni terapeutiche citate, rende conto di quanto ancora brancoliamo nel buio sugli effettivi eventi causali alla base di questa malattia.
Il commento del dottor Quinteros appare tanto più stridente in quanto risponde a un articolo che presentava lo stato dell'arte delle terapie farmacologiche che dovrebbero, in un futuro non lontano, evitarci i tanto cospicui quanto paralizzanti (per i sistemi sanitari) ricoveri ospedalieri da Covid-19 (gli antivirali e gli anticorpi monoclonali, appunto), e che, al di là delle loro prove di efficacia e sicurezza non sempre conclusive, restano ad oggi ancora scarsamente disponibili, anche nei paesi industrializzati, e comunque ad alto costo, anche per quelle aree più fortunate della terra.
Il nostro futuro si giocherà tutto là. Non potendo contare su vaccinazioni a oltranza, a meno che non si ricalchi il modello stagionale delle epidemie influenzali (e non è ancora detto che ciò accadrà), non ci resta che provare a percorrere una strada di equità vaccinale da un lato, possibilmente liberi dalla giogo dei costi dei brevetti, mentre continuiamo a cercare terapie prontamente e adeguatamente efficaci e di facile accessibilità (anche per le tasche degli utenti), da utilizzare ai primi sintomi della malattia, un po' come l'aciclovir (un farmaco antivirale di basso costo) per l'Herpes zoster, volgarmente chiamato "fuoco di sant'Antonio".
Pur riconoscendo ai vaccini tutto il gran bene che hanno fatto, evitando all'umanità milioni di morti, va preso atto che, tra evasioni immunitarie, sperequazioni in disponibilità e corretto uso, esitazioni e opposizioni, questo straordinario strumento di prevenzione non sarà per tutti e non salverà tutti. Così non ci resta che sperare che il grande sforzo degli scienziati e delle industrie farmaceutiche produca rimedi farmacologici duraturi, se non perenni, per vincere questa terribile sfida, che più andiamo avanti più sembra inesauribile e infinita. Che qua o là calino i numeri dell'infezione e delle sue conseguenze, oppure no.