Noncurante del danneggiamento che avrebbero potuto provocare a beni storici e archeologici, la camorra ha allestito edicole votive dei clan anche su una colonna portante del tratto dell'acquedotto romano dei "Ponti Rossi", nel quartiere San Carlo all'Arena di Napoli.
Dalle indagini, coordinate dal procuratore Giovanni Melillo, sono emersi nomi eccellenti circa la riconducibilità delle undici edicole votive sequestrate: Pietro Licciardi, figlio di Gennaro, detto "a' scigna" (la scimmia, ndr) fondatore dell'omonimo clan, il boss Patrizio Bosti e la famiglia Aieta, tutti importanti componenti la cosiddetta "Alleanza di Secondigliano".
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Alessandra Converso e dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo, sono partite dopo il sequestro di tre statue sacre del '600 (precedentemente collocate nella dismessa Chiesa "Santissima Maria del Rosario" di via San Giovanni e Paolo di questo capoluogo) ritenute nella disponibilità delle famiglie mafiose Mallardo-Bosti-Contini.
Le edicole, allestite per la celebrazione di figure criminali e realizzate anche occupando abusivamente il suolo pubblico, sono state affidate al Comune di Napoli, anche al fine di consentire l'adozione dei conseguenti provvedimenti amministrativi.