Il riconoscimento di Donetsk e Lugansk ci pone davanti a nuove realtà e a nuovi scenari. Chiaramente l'accordo di Minsk 2 da questo momento decade, è un pezzo di storia. Il processo di negoziazione è da reinventarsi. Questa negoziazione non riguarderà Donetsk e Lugansk, perché è inimmaginabile che si torni indietro rispetto a questo riconoscimento.
La vera domanda è se Vladimir Putin si fermerà o se si vorrà spingere oltre. Ci sono varie possibilità, innanzitutto quella di capire quali sono i confini delle regioni riconosciute dal Cremlino. Come sappiamo, la zona del conflitto è stata circoscritta a solo a una parte della regione Donetsk e Lugansk e non a tutta la regione. Bisogna capire se Putin si vorrà fermare alla parte della regione controllata dai separatisti, o se vorrà espandersi su tutta la regione e vorrà andare oltre la linea di contatto tra separatisti e Ucraina. Questo scenario include le prospettive di presa su Mariupol, la città che si affaccia sul mar d'Azov, questo dipenderà molto dalle risposte occidentali al fatto già compiuto. Nel 2014 le sanzioni salvarono Mariupol, che hanno prevenuto l'espansione della guerra.
La seconda possibilità per Putin è di fermarsi, testare l'occidente e capire come rispondere, anche perché il calcolo russo prevede che Unione europea e alleati si spaccheranno sulle sanzioni. Dmitrij Medvedev, vice presidente del consiglio di sicurezza, ha detto che "di solito le pressioni occidentali sono temporanee e poi passano" riferendosi alla guerra in Georgia nel 2008, con il riconoscimento dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud.