“Con il rincaro dei costi energetici che si trasferisce sui costi di produzione nella filiera agroalimentare come quello per gli imballaggi, si paga più la bottiglia che il pomodoro in essa contenuto”.
Questo è quanto indicato da Coldiretti, in occasione della diffusione dei dati Istat sull’inflazione a gennaio che hanno portato a un aumento del 4,8 per cento con un balzo del 38,6 per cento per l’energia e del 3,6 per cento alimentari. Il boom delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime si riflette, ha indicato Coldiretti, “sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi”.
Il risultato è che, ad esempio, “in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53 per cento), è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18 per cento sono i costi di produzione industriale, il 10 per cento è il costo della bottiglia, l’8 per cento è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6 per cento ai trasporti, il 3 per cento al tappo e all’etichetta e il 2 per cento per la pubblicità”. Quindi anche all' estero costerà un po' di più...
Se i prezzi per le famiglie corrono, per Coldiretti “i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono neanche a coprire i costi di produzione, con il balzo dei beni energetici che si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali”.
Per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi, ha terminato Coldiretti, “vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi. Una situazione che esaspera agricoltori, allevatori e pescatori che sono costretti a lasciare campagne e porti per mobilitarsi e salvare il futuro delle proprie aziende ma anche la sovranità alimentare del Paese in un momento di grandi tensioni internazionali con speculazioni e accaparramenti”.