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La traduzione dell'instabilità e dei danni economici che porta la guerra la danno i future qualche ora dopo l'annuncio di Vladimir Putin. La traccia dei contratti pre mercato, quelli che scommettono sull'andamento degli scambi in Borsa, è quella del panico. E quando si aprono le contrattazioni arriva la conferma: le piazze europee, in scia a quelle asiatiche, vanno giù. Piazza Affari sprofonda a -4,63 per cento: non è una reazione emotiva che dura pochi minuti, ma l'inizio di una discesa che all'ora di pranzo arriva a -5 per cento. Le percentuali con il segno meno davanti sono quelle delle banche, da UniCredit a Intesa Sanpaolo, che sono le più esposte del mondo nei confronti della Russia, con più di 25 miliardi di dollari tra prestiti, finanziamenti e garanzie. Ma in picchiata ci sono anche gli energetici che tengono dentro la grande questione del gas, il fattore di rischio più elevato per l'Italia visto che il 45% del metano che bruciamo in casa arriva da Mosca. Bisognerà capire se e come il presidente russo agirà sulle forniture, ma sul mercato di Amsterdam, quello di riferimento per tutta l'Europa, la corsa per comprare il gas si è fatta già più frenetica.

La paura è quella di rimanere senza gas. E i prezzi salgono fino a 120 euro per megawattora: i rialzi sono iniziati tre giorni fa, ma la portata dell'impennata istantanea e lo sfondamento della soglia psicologica dei 100 euro aumentano la gravità dello scenario, avvicinandolo a quello dell'inverno scorso che ha generato gli aumenti record delle bollette. Gli umori in diretta degli operatori li traccia Diego Pellegrino, portavoce di Arte, associazione Reseller e Trader di Energia che rappresenta 130 operatori del settore, per un fatturato di due miliardi e circa un milione e trecentomila contatori: "Purtroppo - spiega a Huffpost - è accaduto quello che si ipotizzava negli scorsi giorni: nel momento in cui l'invasione è partita, sono esplosi anche i mercati energetici. Oggi il gas sul mercato spot è salito di oltre il 50% rispetto a ieri, i forward a breve e medio termine sono aumentati di oltre il 10 per cento. L'Europa non è indipendente energeticamente ed ogni malumore nell'Est sarà pagato a caro prezzo dal Vecchio continente".

Non sale solo il prezzo del gas. Il fronte scivoloso dell'energia e delle materie prime tira dentro il petrolio, con il Brent e quello americano che sfondano la quota di 100 dollari al barile. E corrono anche i prezzi delle derrate alimentari, con il mais e il frumento in rialzo di oltre il 5 per cento. Come la guerra ha generato già un cambio di passo nel nervosismo degli investitori lo spiega bene un altro comportamento e cioè il precipitarsi verso gli asset più solidi. Sono i beni rifugio. Quando la paura sale, si scappa dal rischio e si cerca riparo dove c'è più solidità. L'oro tocca i massimi da un anno, ma salgono anche l'argento e il platino.

Ci sono i mercati e poi ci sono gli effetti sull'economia reale. Molto dipenderà dalla durata della guerra e più generale dall'intensità delle tensioni, ma l'ulteriore innalzamento dei prezzi energetici si scaricherà subito sul costo della benzina. Nell'ultima settimana la verde ha già raggiunto un prezzo medio di 1,849 euro al litro, con punte sopra 1,980 euro, mentre il gasolio è venduto a 1,722 euro al litro. Più incerto, ma solo perché arriveranno dal primo aprile, l'impatto sulle bollette delle famiglie. L'Authority per l'energia aggiornerà i prezzi a fine marzo, ma già una settimana fa, quando le tensioni tra la Russia e l'Ucraina non erano ancora esplose, le previsioni per la primavera si erano fatte decisamente più negative rispetto a quanto ipotizzato a dicembre. Il prezzo del gas era sceso per qualche giorno fino a 60 euro per megawattora, attestandosi poi intorno ai 70 euro, ma la risalita della curva verso i valori di dicembre ribalta anche l'effetto. ll rischio, quindi, è quello di un nuovo aumento imponente che cancellerà il calo fisiologico dovuto al minore consumo domestico per lo spegnimento dei termosifoni. Le imprese, invece, soprattutto quelle energivore, sconteranno subito il nuovo rialzo dei prezzi: non solo quelle gasivore, ma anche quelle che fanno un utilizzo molto elevato dell'elettricità. Sono le acciaierie, ma anche le fonderie, i cementifici, le fabbriche che producono il vetro, la ceramica e la carta.

L'effetto sarebbe decisamente più ampio, aprendo anche una questione nazionale di approvvigionamento, se la Russia decidesse di tagliare le forniture di gas. Al punto di ingresso di Tarvisio, al confine con l'Austria, dove arrivano i tubi russi, i movimenti in entrata non registrano per il momento una contrazione. I volumi sono in linea con quelli degli scorsi giorni, con una portata di 43,2 milioni di metri cubi. Ma l'evoluzione delle mosse europee sul fronte delle sanzioni, che fino ad ora hanno escluso l'energia, e le contromosse di Putin possono cambiare di ora in ora. C'è un margine di sicurezza per l'arrivo costante del gas russo perché i contratti tra Gazprom e Eni sono di lungo periodo, fino al 2035: difficile, quindi, intervenire con operazioni di rimodulazione dei prezzi e delle quantità, a fronte di penali enormi. Ma la gravità del contesto geopolitico preme anche su questo elemento.

E poi c'è il mercato spot, dove il gas si vende giorno per giorno: quello russo è già in calo da settimane, ma tutti ne hanno bisogno, considerando che gli altri Paesi produttori, dalla Norvegia alla Libia, non sono in grado di fornire quantità adeguate ai consumi europei, e quindi italiani, tantomeno il gas naturale liquefatto in arrivo dagli Stati Uniti può servire a calmierare una situazione che può contare solo su un prolungamento delle temperature miti e sull'arrivo della primavera per provare a contenere l'impatto. Questo ragionamento vale soprattutto per l'industria, in particolare per il termoelettrico, perchè saranno loro a pagare il primo sacrificio nel caso in cui il governo, su indicazione del Comitato di emergenza per il gas, approvasse il piano predisposto proprio in caso di problemi sul fronte delle forniture russe. Tagliare i consumi significa innestare un elemento di criticità forte in una produzione che è stata già interessata da blocchi, parziali o totali, del ciclo per un caro prezzi che va avanti dall'autunno scorso.

Un altro ambito delicato per l'economia italiana è l'agricoltura. I prezzi del grano sono aumentati del 5,7% in un solo giorno al mercato future della borsa merci di Chicago, il punto di riferimento mondiale. Mai così alti da nove anni. L'Italia è in una posizione delicata perché importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per produrre il pane e i biscotti e il 53% del mais per l'alimentazione del bestiame. Basta guardare al peso dell'Ucraina per capire perché l'invasione da parte della Russia ha già provocato un danno: Kiev produce circa 36 milioni di tonnellate di mais per l'alimentazione animale e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane, attestandosi rispettivamente al quinto e al settimo posto nella graduatoria mondiale. E la Russia è il primo Paese ad esportare grano a livello mondiale. La paura è un freno all'export, ma anche lo stop alle spedizioni, via mare, che l'Ucraina pratica ogni giorno dai porti del mar Nero per portare il grano sui mercati di tutto il mondo. I prezzi in salita si traducono con gli aumenti del pane e dei biscotti, più in generale dei beni alimentari. Si chiama inflazione, con l'energia che continua a spingere di più, ma il caro prezzi è arrivato dappertutto, dentro ai supermercati e dal benzinaio. La guerra accresce il peso di un'emergenza che già si era allungata. Ora la questione si lega anche agli sviluppi del conflitto.