di Franco Manzitti
I tamburi di guerra rullavano già da giorni e giorni. La stretta di 180 mila soldati, di migliaia di carri armati, di centinaia di aerei da combattimento, di centrali per cyber attacchi, si stava stringendo intorno all’Ucraina, con una mobilitazione militare mai vista dalla fine della II Guerra Mondiale. Nel cuore dell’Europa, al confine della Nato.
Sul fronte orientale di una Paese storicamente nato prima della Grande Madre Russia. Ma anche da Sud, dalle coste del Mar Nero, al largo di Odessa, la grande città sulla costa, già minacciata dalla flotta di Mosca.
Mancavano quattro giorni all’inferno che queste forze avrebbero scatenato all’alba di giovedì 23 febbraio 2022, dopo l’annuncio pre registrato di Vladimir Putin, giorni prima nel suo programma lucido di follia.
E a Genova, città italiana, legata storicamente alla Russia dai tempi antichi delle sintonie tra l’impero URSS e una intellighentia politica molto vicina a Mosca e oggi, invece, interessata a grandi traffici e cambi commerciali, nonché alle operazioni di investimento di diversi magnati, oligarchi del putinismo più sfrenato, cosa succede?
Succede che in questo clima di paura, con il mondo vacillante tra guerra e diplomazia disperata delle ultime ore, si tiene un elegante e patinato convegno dal titolo “ITALIA-RUSSIA: l’ arte dell’innovazione”.
Nella elegante sala Borsa di Genova, un salotto liberty di proprietà della Camera di Commercio, in un grande palazzo affacciato sull’ombelicale piazza De Ferrari, a sua volta di proprietà della Fabbriceria del Duomo di Milano, siedono il signor ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica Italiana e in quella di San Marino, Sergey Razov e Aleksander Avdeev, ambasciatore russo presso la Santa Sede.
Sono lì, i messi in Italia e in Vaticano di Putin, a dialogare con politici, imprenditori e tecnici sulla possibilità di incrementare rapporti e affari con l’Italia e con Genova.
In quattro sezioni di lavoro, che occupano le ore fino al primo pomeriggio, il dibattito procede come se niente fosse. C’è anche il ministro del Dipartimento degli Affari Esteri e Relazioni Internazionali del governo di Mosca Sergey Cheremin.
L’Italia e Genova schierano i leader economici come Umberto Risso, presidente di Confindustria Genova e Luigi Attanasio presidente della Camera di Commercio, ma anche imprenditori e grandi manager di tutto l’establishment italiano, come l’amministratore delegato di Iren, Gianni Vittorio Armani, Stefano Messina, vice presidente della Ignazio Messina & C e presidente di Assoarmatori, Giuseppe Zampini presidente di Ansaldo Energia.
E, ovviamente, a fare gli onori di casa ci sono il presidente della Regione Giovanni Toti, strappato alle sue grandi strategie politiche di costruzione del grande centro nella politica italiana, che non lesina auguri e complimenti, anche se auspica un clima più disteso nei rapporti internazionali. E c’è Marco Bucci, il sindaco di Genova, che anche lui saluta e firma proficui rapporti con la Russia.
Le sezioni di lavoro si occupano del ruolo strategico dell’Italia e della Russia nelle relazioni politiche e economiche tra Europa e Eurasia, dell’Industria, Innovazione e Tecnologia, di Porti Infrastrutture e logistica.
Poi arriveranno le conclusioni, tirate da Antonio Fallico, presidente della Banca Intesa Russia e presidente dell’Associazione conoscere Eurasia, di Sergio Forelli, partner dello Studio legale Lexis di Mosca.
Un fiume di parole, di idee e di progetti per un rapporto che dovrebbe diventare sempre più stretto e che in questa splendida sala, cosidetta “delle Grida”, dove si cambiavano titoli e pacchetti azionari, sembrano prendere un strada di grande collaborazione e sintonia.
Come se i tagli alle forniture del gas e del petrolio, là fuori, non stessero già strangolando imprese e famiglie. Come se l’economia traballante, uscita o mezza uscita dalla pandemia, non potesse subire anche questi colpi della riduzione energetica, sommata a quella di approvvigionamento della materie prime e dall’inflazione, che incomincia a galoppare.
Uno dopo l’altro gli eleganti oratori salgono sul palco per i loro interventi. Si scattano le fotografie delle strette di mano come quella tra l’ambasciatore Razov e il presidente Toti, con a fianco il suo nemico di oggi, il deputato leghista, Edoardo Rixi. Che sembra ben più ostile dell’ambasciatore, il cui Paese tra poco scatenerà l’inferno.
Tra sorrisi e soddisfazione. La parola “guerra” spunta solo una volta quando l’ambasciatore afferma nel suo saluto che loro proprio non la vogliono.
Probabilmente mentre l’intenso incontro sta andando avanti il messaggio terribile di annuncio della guerra, che il giovedì seguente Putin trasmetterà, terrorizzando il mondo e ovviamente anche l’Italia, era già registrato.
Sicuramente a insaputa dei due ambasciatori russi, tranquilli nell’esercizio della loro funzione di rappresentanti della Grande Madre Russia in Italia e in casa del papa Francesco, che da giorni oramai si affaccia dalla sua finestra per chiedere “pace”.
E’ un venerdì di febbraio, che non promette nulla di buono al mondo, proprio per quelle minacce di guerra che rimbalzano da un angolo all’altro del pianeta, mentre il gioco delle previsioni sui diktat dello zar Putin e sulle strategie di Biden per evitare il conflitto si aggrovigliano sempre di più.
Ma in questo salotto genovese, dove sfila anche un po’ lusingato l’establishment ligure e non solo, beadosi in questo bagno di internazionalità, quell’atmosfera cupa proprio non entra.
I mass media locali sono presenti, con servizi tv e articoli che puntano tutti sull’importanza degli scambi itali russi, sulle possibili catene di collaborazioni che si possono sviluppare. La guerra, la paura dell’invasione. Mah…..
La Regione Liguria, che ha organizzato tutto, troneggia soddisfatta di avere messo insieme tanti protagonisti .
I rumori di guerra proprio non vogliono entrare a incrinare l’atmosfera fattiva di collaborazione e non entrano neppure le domande scomode. Mah…
E’ come se Genova si inorgoglisse della sua storica rete di rapporti con la Russia, che affonda molto indietro nel tempo e che si è sviluppata con tappe importanti, trapassando anche con facilità la Cortina di ferro che dal 1945 al 1989 aveva diviso i due mondi. Molti ricordano Jack Clerici, un grande imprenditore genovese, un cui discendente, Urbano Clerici, Chairmen e Ceo di CoeClerici Commodities Sa, partecipa al Convegno. Il suo illustre avo per primo in Italia incominciò negli anni Sessanta a trafficare con i sovietici.
Celebre il suo invito a Portofino al figlio di Breznev che venne a sigillare accordi commerciali, che scavalcavano eccome la Cortina di ferro e il Muro di Berlino, che era appena stato innalzato.
E il cardinale di Genova Giuseppe Siri, grande figura della Chiesa cattolica romana, era stato il primo religioso di quel livello a viaggiare nell’Urss, vestito da prete comune, per incontrare i cattolici russi, che vivevano nelle catacombe del regime leninista, con le chiese chiuse e le persecuzioni.
E oggi negli anni finali della lunga dissoluzione dell’impero sovietico e nella ricostruzione della Russia dominata progressivamente da Putin, con i suoi sogni spaventosi di grandezza, i magnati oligarchi sono arrivati anche sotto la Lanterna, probabilmente seguendo quei fili storici.
Come quell’ex amministratore delegato di Gas-prom, che si è comprato la più bella villa genovese, Villa Spinola, i due miglior alberghi di nervi, il quartier chic di Genova, tra parchi meravigliosi e coste incantate sul mare.
Chissà se c’era anche lui nel super convegno celebrato alla vigilia della guerra, che terrorizza il mondo intero, ma che quel giorno a Genova sembrava solo un film? Di quelli che immaginano scenari apocalittici. Che non si avverano mai. E invece ora sì.
Intanto a duecento metri dal bel palazzo pieno di “grandi personalità”, russe e italiane, sulla stessa strada, una folla di ucraini, abitanti a Genova e il Liguria, si raduna nella chiesa di rito ortodosso, sotto la magnifica basilica romanica di santo Stefano, per accendere candele e pregare per la pace. Duecento metri tra le menzogne dei russi invasori di Putin e la disperazione degli ucraini invasi.