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di Marco Lupis
Con un – fino a ieri – imprevedibile cambio di rotta sulla crisi ucraina, poco fa la Cina ha formalmente "deplorato" il conflitto in corso e si è detta "pronta a svolgere un ruolo nella ricerca di un cessate il fuoco tra Kiev e Mosca". Alla fine di questa ennesima giornata di guerra trascorsa senza sostanziali colpi di scena, l'esito della telefonata tra il ministro degli esteri cinese Wang Yi e il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba rappresenta senza alcun dubbio una novità che potrebbe cambiare radicalmente lo scenario della più grave crisi militare sul suolo europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Il colloquio telefonico è stato richiesto dal capo della diplomazia di Kiev, ma ha trovato l'immediata adesione del rappresentante della politica estera di Pechino, che ha poi dichiarato che "l'Ucraina è disposta a rafforzare le comunicazioni con la Cina e non vede l'ora che la Cina svolga un ruolo di mediatore per la ricerca della pace". Da parte sua, Kuleba ha detto di aver "chiesto a Wang Yi di utilizzare le relazioni privilegiate tra Pechino e Mosca per costringere la Russia a fermare la sua aggressione armata contro il popolo ucraino", aggiungendo anche che il suo omologo cinese gli aveva assicurato "la disponibilità della Cina a fare ogni sforzo per porre fine alla guerra sul suolo ucraino attraverso la diplomazia, anche attraverso il suo ruolo di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'Onu". Insomma, Pechino esce allo scoperto dopo giorni in cui era rimasta "alla finestra" a guardare (probabilmente rabbuiandosi e scuotendo il capo) le bravate militari di Putin e lascia chiaramente intendere alla comunità internazionale di essere pronta a prenderlo da parte per dirgli "va bene, caro Vladimir, ti sei sfogato, adesso però, basta".

Non vi è dubbio, del resto, che i cinesi si siano perfettamente resi conto che "il grande amico" Vladimir rischia di distruggere qualsiasi parvenza di quell'ordine mondiale di cui la Cina ha assoluta necessità per poter continuare a vendere, commerciare e, soprattutto, per continuare a crescere. Così Pechino ha colto la palla al balzo per ritagliarsi, - con grande astuzia – un possibile (e, a questo punto lo si spera, anche imminente) ruolo di salvatore della pax globale, arrivando a dichiararsi "estremamente preoccupata per i danni ai civili" e ribadendo ancora una volta la necessità di rispettare "l'integrità territoriale di tutti i paesi": Ucraina compresa. Tutto questo senza rinunciare a ribadire le sue critiche agli Stati Uniti alla Nato, insistendo nel sostenere che "la sicurezza regionale non può essere raggiunta espandendo i blocchi militari".

Non è escluso che alcuni fattori cosiddetti "secondari" possano avere influito sulla decisione odierna cinese di scendere dal balcone dal quale osservava gli avvenimenti per buttarsi, in qualche modo, nella mischia. Il primo fattore è quello di dover in qualche modo dare delle risposte a un'opinione pubblica cinese sempre più disorientata e divisa sulla guerra in corso nel cuore dell'Europa e sul silenzio – che si sarebbe potuto scambiare per debolezza – del suo Governo. Malgrado l'ampio livello di censura al quale è sottoposto – lo sappiamo – il web cinese, infatti, gli ultimi giorni hanno visto il moltiplicarsi di interventi sui social cinesi che andavano da un rabbioso "forza Putin, fagliela vedere agli americani e ai loro alleati!" (per arrivare fino ad una serie di commenti terribili su Weibo che esortavano i militari russi a considerare le donne ucraine "prede di guerra".... ) per arrivare allo sconcerto totale dei tanti cinesi che non capivano come si potesse giustificare una guerra di aggressione la quale, oltretutto, metteva apertamente in discussione il "mantra" – tanto caro a Xi Jinping e ai suoi – del "rispetto della sovranità e degli affari interni di una Nazione sovrana". Insomma, c'era una risposta da dare, non solo a tutta la comunità internazionale, ma prima di tutto ai dirigenti e ai quadri del Partito Comunista, che Xi non può certamente permettersi di ignorare in vista della sua prossima (scontata... ma non si sa mai....) conferma alla guida del Paese, tra un anno.

Deve anche avere impensierito Pechino la preoccupazione per la sicurezza e l'incolumità dei suoi connazionali, esposti anch'essi – come il resto della popolazione in Ucraina – al delirio militare di Putin e alle sue micidiali bombe termobariche e "a grappolo". E infatti proprio oggi la Cina ha annunciato di avere iniziato le procedure di evacuazione dei cittadini cinesi. Che non sono tanti – un migliaio, circa – ma che cominciavano a tenere per la loro incolumità anche di fronte a un montante sentimento anticinese degli ucraini. Almeno a voler credere, per esempio, al racconto che ha fatto uno di loro al quotidiano in lingua inglese di Hong Kong, il South China Morning Post: "Quando cominciano a suonare le sirene, non ho nemmeno il coraggio di andare in un rifugio, ho paura che non mi facciano entrare".

Ora, se effettivamente Pechino deciderà di mettere in gioco tutto il peso della sua "amicizia" con Putin per costringerlo a ragionare, si tratterà di capire cosa vorrà poi in cambio. Forse l'impegno dell'Onu a non ostacolare i suoi piani per riprendersi Taiwan, per esempio....

Perché è inutile far finta di non sapere che la Cina non fa mai niente per niente, e che forse saremo costretti a sacrificare i poveri taiwanesi in cambio del ristabilimento della pace a casa nostra. Non sarebbe la prima volta, del resto, che l'Occidente cosiddetto "civilizzato" chiude entrambi gli occhi per non vedere e si tappa le orecchie per non sentire. Lo abbiamo fatto pochi mesi fa, con gli afghani.

Ma adesso è presto per decidere. Ed è anche presto per sperare che la Cina passi dalle dichiarazioni ai fatti e "ponga fine" a Putin.

A questo punto non ci resta che sperare che arrivino "i nostri". Solo che stavolta non saranno gli yankee, ma i cinesi. Ci piaccia o no.