di Andrea Cantadori
Diminuisce la popolazione italiana, ma non in maniera omogenea. A spopolarsi sono soprattutto alcune province del Mezzogiorno, dove il decremento della popolazione negli ultimi cinque anni tocca percentuali significative. In Sicilia, Enna e Caltanissetta perdono sei abitanti su cento, mentre perdono più di quattro abitanti su cento province come Messina, Agrigento, Isernia, Potenza, Campobasso, Vibo Valentia e Avellino, seguite a ruota da Foggia, Benevento, Reggio Calabria e Brindisi. Ma non va meglio neppure in alcune province piemontesi o liguri, quali Biella, Vercelli, Alessandria e Savona. In generale, il nord-ovest, ha perso un abitante su cento, il nord-est è rimasto sostanzialmente stabile con un -0,2 per cento, il centro -1,3 per cento, -2,6 per cento il sud e -3,1 per cento le isole maggiori.
Solamente undici province italiane hanno visto incrementare la popolazione e si trovano tutte a nord di Firenze. Si tratta ovviamente delle province che dimostrano maggiore dinamismo e che costituiscono un polo di attrattività soprattutto per i giovani: Milano, Monza e Brianza, Bolzano, Parma, Bologna, Trento, Rimini, Modena, Verona, Prato e Pistoia. Il Censis prevede che i giovani continueranno a trasferirsi al nord anche nei prossimi anni e che nel 2050 il Mezzogiorno sarà la zona d’Italia più “senilizzata”, ribaltando il dato attuale.
Alla base della migrazione dei giovani verso il nord c’è ovviamente il discorso legato alle migliori opportunità di lavoro, ma anche altre motivazioni quali uno sviluppo sociale più favorevole e l’assenza di condizioni penalizzanti per le donne. Sono soprattutto le donne di livello culturale medio-alto, infatti, che dichiarano di non prendere in considerazione l’ipotesi di un rientro nelle regioni di origine.
Sono dati che fanno riflettere.