Intervenendo al convegno organizzato a Roma dal Partito Democratico su “La fine del Condor. Dalle dittature alla democrazia: progressisti tra Italia e America Latina”, il parlamentare del PD eletto in Sudamerica Fabio Porta ha esordito ricordando con emozione quando “l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta, in risposta a una mia lettera, mi comunicò la decisione del governo italiano di costituirsi parte civile nel processo Condor”.
Il senatore Porta è intervenuto in collegamento dall’Argentina, “probabilmente il Paese che ha pagato il prezzo più alto in Sudamerica a seguito del golpe del 24 marzo del 1976”; “una dittatura – ha proseguito – non isolata poichè negli anni ’60 e ’70 i regimi militari dominarono anche in Brasile, Cile, Uruguay, Bolivia, Paraguay e Perù. Il ‘plan Condor’ era proprio questo: una terribile strategia, coordinata e sistematica per la repressione degli oppositori e la persecuzione di tutti i movimenti democratici”.
“E furono in tanti, anche tra i figli e i nipoti degli italiani che erano emigrati in quei paesi, le vittime di quel periodo di orrore. Per questi motivi il processo sui crimini del Piano Condor ha una valenza storica”, non nascondendo con una punta di orgoglio “come non soltanto lo Stato italiano ma anche il Partito Democratico e le organizzazioni sindacali italiane CGIL-CISL-UIL si costituirono parte civile nel processo”.
“Non solo proprio grazie ai rapporti del nostro partito e alla nostra rete all’estero fu possibile la costituzione parte civile di un’organizzazione politica straniera, il “Frente Amplo” dell’Uruguay. Tutti questi fatti devono spingere il PD a rafforzare i suoi rapporti con la società civile e politica del continente latino-americano, anche in ragione della grandissima presenza delle nostre collettività”.
“Nunca mas!”: è questo per Fabio Porta il più grande insegnamento di quel processo, oggi più che mai “in un mondo dove autocrature, dittature e democrature mettono a rischio sempre più spesso il pieno rispetto dei diritti umani e il diritto alla autodeterminazione dei popoli”.