Gli aviatori di tutto il mondo sono accomunati da un sentire comune, un collante forte che travalica le appartenenze, una condizione privilegiata che deriva loro dalla passione comune per il volo, un sentimento dai contorni indefinibili ma concreto nelle sue manifestazioni, qualunque uniforme si indossi, qualunque lingua si parli.
Ricordo ancora con nettezza il momento in cui nel marzo 1999, a tre o quattro giorni dall’avvio della guerra dei Balcani, nel mio ufficio di Comandante NATO a Vicenza dovetti rimpatriare, dato il precipitare della situazione, tre piloti serbi all’epoca in Italia nell’ambito di una missioni bilaterale di controllo degli spazi aerei; sapevo che da lì a qualche giorno la NATO, i nostri velivoli, avrebbero tentato di abbatterli se si fossero levati in volo, ma il sentimento nei loro confronti era di vicinanza, di comprensione ed apprensione più che di avversione, erano semplicemente tre colleghi che di lì a pochi giorni avrebbero affrontato voli molto rischiosi, forse fatali.
È facendo appello a questi sentimenti che accomunano i piloti militari che va scossa la coscienza dei colleghi russi impegnati nelle operazioni belliche in Ucraina. Per chiedere loro, da pilota a pilota, cosa possa averli portati a utilizzare armamento letale senza alcun riguardo per vittime innocenti che sanno benissimo moriranno sotto le loro bombe lanciate senza guida e fatte cadere in contesti urbani.
Non ho la penna di Oriana Fallaci per comunicare la rabbia, la frustrazione e l’incredulità per l’operato di chi, avendo eletto il cielo a luogo di libera manifestazione di una nobile passione, possa poi tramutare quello stesso cielo in veicolo di morte e distruzione per chi, inerme ed indifeso, è lì alla mercé di bombe guidate dalla sola balistica e dall’ imprecisione che ben conosciamo a quelle velocità ed in quei contesti.
Ribellatevi. Non continuate ad obbedire ad ordini che vi portino a compiere ogni giorno crimini contro l’umanità. Tali sono l’uso di armi già rubricate come proibite, come veicoli di stragi indiscriminate e pertanto responsabili di orrendi crimini di guerra. Si può e si deve rifiutare un tale ordine, una condizione che altrimenti vi porterà all’Aia come criminali della peggiore specie la cui sanzionabilità non si estinguerà mai.
Gli aviatori sono i primi per loro natura a fiutare la necessità di un cambiamento quando se ne evidenzi la necessità, sono i più flessibili verso il nuovo perché i più liberi di mente, i più abituati a prendere decisioni in poco tempo, anche le più difficili. Per questo, e per lo spirito che li accomuna indistintamente, è lecito sperare che le auspicabili crepe che si dovessero evidenziare nello strumento militare di morte russo, possano portare la loro firma, a parziale riscatto di un operato condannato sì da tutti, ma in maniera più consapevole e in prospettiva più efficace dai piloti di tutto il mondo.
*Leonardo Tricarico
Generale aviazione italiana