di Giulia Belardelli
Durante l’incontro a Roma con il capo della diplomazia cinese Yang Jiechi, il consigliere per la sicurezza Usa Jake Sullivan "ha sollevato direttamente e molto chiaramente" preoccupazioni per il sostegno della Cina alla Russia nella sua guerra d’invasione in Ucraina. Così il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha riassunto il senso del faccia a faccia, durato circa sette ore, tra l’esponente del governo americano e il massimo diplomatico cinese, di fatto confermando le rivelazioni del Financial Times: secondo gli Stati Uniti, la Cina ha segnalato la sua disponibilità a fornire assistenza militare alla Russia a sostegno dell'invasione in Ucraina. Un avvertimento consegnato da Washington agli alleati tramite cablogrammi diplomatici del Dipartimento di Stato, secondo fonti citate dal Ft.
Lo scopo dell’incontro – ha aggiunto Price – era ribadire alla Cina "che qualsiasi tipo di supporto a Mosca - militare o economico - comporterà delle implicazioni" per le relazioni cinesi in tutto il mondo, comprese quelle con gli alleati e i partner degli Stati Uniti in Europa e nella regione indo-pacifica. Alla preoccupazione che Pechino possa fornire a Mosca un salvagente economico e finanziario per aggirare - almeno in parte - le sanzioni occidentali si è unita nelle ultime ore l’allerta per un possibile sostegno militare cinese. Già ieri era circolata su diversi media internazionali la notizia di una richiesta d’aiuto – in termini di fornitura di armi ed equipaggiamenti militari (in particolare droni) – avanzata dai russi ai cinesi, notizia prontamente smentita da Mosca e Pechino. Oggi la seconda parte, pubblicata dal Financial Times: a quanto risulta a Washington, la Cina avrebbe segnalato la sua disponibilità a fornire assistenza militare.
L’accelerazione mediatica e diplomatica di Washington – impressa proprio nel giorno dell’incontro, programmato da tempo, tra Sullivan e Yang – riflette la volontà di mettere alle strette Pechino, costringendola ad abbandonare la posizione di ambiguità totale assunta finora sulla guerra in Ucraina. “Gli Stati Uniti sono preoccupati dall'allineamento della Cina con la Russia”, riporta l'agenzia Bloomberg citando un funzionario dell'amministrazione Biden in merito all’incontro di Roma.
Complice il fuso orario sfavorevole e il diverso stile diplomatico, da Pechino tarda ad arrivare una risposta a tono. Già prima dei colloqui, Sullivan aveva avvertito senza mezzi termini la Cina di evitare di aiutare la Russia a eludere le sanzioni globali che puntano a mettere in ginocchio l’economia russa. L'amministrazione Biden accusa anche la Cina di diffondere disinformazione russa che potrebbe essere un pretesto per le forze di Putin per attaccare l'Ucraina con armi chimiche o biologiche.
L'invasione russa dell'Ucraina ha messo la Cina in una situazione delicata con due dei suoi maggiori partner commerciali: gli Stati Uniti e l'Unione Europea. La Cina ha bisogno di accedere a quei mercati, ma ha anche mostrato sostegno a Mosca, con cui ha firmato all’inizio del mese una dichiarazione di “amicizia senza limiti”. Le eventuali “implicazioni” citate da Washington nei rapporti internazionali della Cina avrebbero un costo altissimo per Pechino (come anche per il resto del mondo): basti pensare che l’interscambio commerciale della Cina con gli Stati Uniti e l’Unione europea vale, rispettivamente, 750 e 820 miliardi di dollari, mentre quello con la Russia appena 147 miliardi.
Come scrive Gideon Rachman sul Financial Times, “se la Cina acconsentirà alla richiesta [di aiuti militari da parte di Mosca] entrerà a tutti gli effetti in una guerra per procura con gli Stati Uniti e i Paesi membri della Nato che stanno sostenendo l’Ucraina. Quella decisione potrebbe significare la fine del sistema economico globalizzato che ha alimentato l’ascesa straordinaria della Cina nel corso degli ultimi 40 anni”.
Le conseguenze di una tale guerra per procura sarebbero pensatissime anche per l’Occidente, ma la scommessa americana è calcare la mano sugli interessi cinesi. È ancora Rachman a spiegarlo in modo molto chiaro. “La Russia e la Cina condividono una profonda ostilità verso la potenza globale americana. Ma hanno affrontato la loro rivalità verso gli Usa in modi diversi. La Cina può permettersi di giocare un ‘gioco lungo’, confidando nel potere della sua economia di cambiare l’equilibrio globale del potere. La Russia, invece, in una posizione economica più debole, ha scommesso sulla forza bruta in Ucraina. La scommessa di Putin ora minaccia il gioco lungo di Pechino. I politici cinesi potevano aver immaginato una eventuale rottura delle relazioni con gli Usa, ma grazie alla Russia si trovano ora di fronte a un confronto con l’Occidente in un arco di tempo enormemente accelerato”.
Quello che si apre oggi, in sostanza, è un nuovo capitolo che porta ufficialmente la guerra russa in Ucraina in una dimensione più ampia, chiamando in causa direttamente l’attore più ambiguo e influente sulla scena internazionale. Le strade che si aprono, a questo punto, sono due: Pechino potrebbe chiedere con maggior insistenza a Putin di fermare la guerra, aumentando le chance di un compromesso negoziale ed emergendo come super potenza responsabile; oppure potrebbe continuare ad agire in modo ibrido, aiutando Putin a non crollare (sia dal punto di vista economico sia da quello militare) e accusando gli Stati Uniti e l’Occidente di bullismo, propaganda e fake news.
Sullo sfondo si staglia l’onnipresente questione Taiwan, il dossier che prima dello scoppio della guerra era in cima ai pensieri tanto dei cinesi quanto degli americani. Proprio oggi Taiwan ha denunciato l'incursione di 13 caccia militari cinesi nella sua zona di identificazione aerea. Si è trattato dell’iniziativa più grande fatta nell'ultimo mese dall'Esercito di liberazione popolare. Un Esercito che negli ultimi anni si è rafforzato sempre di più grazie a una crescita imponente delle spese militari. Ma anche questo è un aspetto funzionale al pressing di Washington: per realizzare i suoi sogni di grandezza Pechino non può permettersi di mandare all’aria i suoi rapporti economici con gli Usa e gli alleati.
"Ci sono una serie di strumenti a nostra disposizione, in coordinamento con i nostri alleati", ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, rispondendo alle domande dei giornalisti sul tipo di conseguenze che la Cina dovrà affrontare in caso di aiuti alla Russia. Pechino "deve fare una scelta", ricordando che i "Paesi del G7 rappresentano oltre il 50% dell'economia mondiale".