di Marco Lupis
CHISINAU - "Niet, siete giornalisti stranieri, non potete passare". I tre militari russi in tuta mimetica alla "frontiera" tra Moldavia e Transnistria (l'enclave moldava de-facto indipendente, ma in realtà riconosciuta solo dalla Russia di Putin) si fanno capire molto bene, anche se non si capisce il russo. Soltanto i gesti, e gli sguardi torvi, sono sufficienti. E anche questo è un segnale molto chiaro che qui a Chisinau, capitale della piccola Repubblica Moldava, la tensione sta salendo sempre di più, rischiando di mettere in ginocchio una nazione già investita in pieno dall'onda dei profughi in fuga dall'Ucraina in guerra, proprio dietro i suoi confini.
Mariana Ianachevichi gestisce qui la più antica Ong moldava, Ave Copiii. Da settimane ormai, continua a lavorare senza tregua, 20 ore al giorno, per organizzare la distribuzione degli aiuti ai profughi in fuga dall'Ucraina. Mi mostra una montagna di confezioni di pannolini pronte a partire verso i centri che ospitano i rifugiati. Ha il volto tirato, e non solo per la fatica. Mi dice: "Ogni sera qui andiamo a dormire, senza sapere se la mattina dopo ci troveremo i carrarmati sotto casa".
"I rischi per la sicurezza della Moldova sono seri", ha detto ai giornalisti la Presidente Maia Sandu, eletta nel 2020 con un programma di governo filo-occidentale: "In molte parti del Paese ", ha aggiunto, "si sente il rumore delle bombe oltre confine". Per i moldavi, guardare alla televisione le immagini devastanti dell'invasione russa della vicina Ucraina riporta alla mente i ricordi dolorosi del conflitto che coinvolse i separatisti sostenuti da Mosca 30 anni fa, dando vita appunto alla Transnistria, e aumenta i timori che il paese possa diventare il prossimo obiettivo della Russia.
È questo il sentimento dominante in questa città, Chisinau, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione moldava. In tutto il Paese vivono meno di 3 milioni di persone, che si trovano ora a dover affrontare un'ondata di profughi in fuga che "ha superato, ieri, le 330.000 unità". I numeri di questo esodo, gigantesco per una nazione così piccola (sarebbe, in proporzione, come se in Italia fossero già arrivati 6-7 milioni di rifugiati) che è anche la più povera d'Europa, stanno mettendo in crisi questo Paese, che sta facendo sforzi incredibili – economici, sociali e umanitari – per accogliere più persone possibile. Con risorse limitate, tanto è vero che il portavoce del ministro degli Esteri ha riconosciuto che la Moldavia non è in grado di provvedere anche allo spostamento dei profughi verso il resto d'Europa. La maggioranza dei rifugiati, infatti, considerano la Moldavia solo una tappa intermedia, un primo approdo (non si sa nemmeno più quanto sicuro, in verità ...) nella loro drammatica fuga, che ha come meta l'accoglienza delle nazioni europee più ricche, inclusa l'Italia, dove molti hanno parenti che lavorano.
In quello che era il Palazzo delle Esposizioni, o meglio, la Fiera della città, Moldexpo, il Governo ha allestito il più grande centro per ospitare i profughi. L'enorme capannone è stato diviso in una miriade di "stanzette", ricavate con pannelli di plastica e con una tenda davanti, per cercare di dare un'illusione di privacy alla famiglia di profughi che li occupa. Colpisce l'enorme quantità di bambini; piccoli e piccolissimi, che gattonano in giro, mentre i più grandicelli giocano con giocattoli messi a disposizione dai volontari e dal governo, tricicli, cavallucci a pedali. E tanti adolescenti, che se ne stanno quasi sempre chiusi nei cubicoli, gli occhi fissi sul telefonino. Quando li sollevano per guardarci, in quegli occhi si vede tutto lo spaesamento e la paura che hanno dovuto vedere, in fuga dalle loro case bombardate, con la loro quotidianità distrutta, forse per sempre. Sono già abbastanza grandi da comprendere la vastità della tragedia di cui sono rimasti vittime e da permettere a questi orrori di penetrare in profondità nei loro animi. Ma allo stesso tempo sono ancora abbastanza bambini da rimanerne traumatizzati, forse per il resto della loro vita. E poi solo donne. Madri, mogli e nonne. Gli uomini sono rimasti a combattere.
Ieri abbiamo deciso ieri di provare ad entrare in Transinistria, perché è da lì - tutti qui ne sono consapevoli - che l'esercito di Putin entrerà in Moldavia, se cominciasse davvero l'invasione. Dalla capitale basta un'ora e mezza di macchina, guidando sulle disastrate strade moldave, per arrivare al "posto di confine" tra Moldavia e Transnistria, ed è un'esperienza quasi surreale. In mezzo al nulla, lungo una strada che si fa sempre più stretta fino a diventare quasi una stradina di campagna, appare una sbarra, un cartello che dice minaccioso "Stop!" e tre militari in divisa e kalashnikov si materializzano improvvisamente. Non manca nemmeno un "bel" carrarmato russo, parcheggiato di lato, come se fosse il mezzo di trasporto che i tre usano per andare la lavoro alla "frontiera" ogni mattina, ma che di questi tempi – e da queste parti - risulta minaccioso assai. Nel terzetto di militari russi, il capo sembra una ragazza, bionda, giovane. Forse perché è l'unica che conosce tre parole in croce di inglese. Il più torvo è un omone in divisa grande e grosso, con lo stomaco prominente che preme sui bottoni della mimetica. Ha cominciato a lanciarci sguardi minacciosi già a distanza. Del resto, qua non c'è in giro nessuno. Dino Buzzati deve essersi ispirato a questo strano posto, nell'immaginare la guarnigione di frontiera del suo Deserto dei Tartari... Nelle quasi due ore passate chiusi in macchina, mentre i tre controllavano i nostri passaporti e i nostri accrediti-stampa, è passata solo un'altra macchina, ma in senso contrario.
In russo, ci chiedono cosa facciamo, per quali giornali scriviamo, dove viviamo, perché siamo venuti in Moldavia, dove siamo stati prima di venire in Moldavia ma, soprattutto se siamo mai stati in Ucraina... Meno male che è venuto con noi un collega americano che parla russo, Jim, se no la conversazione sarebbe potuta avvenire solo a gesti. Poi perquisiscono noi e la macchina, ci fanno aprire ogni singolo zaino, aprono il mio laptop e chiedono al fotografo di accendere la sua Canon e di mostrargli le foto salvate in memoria. Sono tutto sommato gentili, ma seri e silenziosi.
Ma non c'è niente da fare. In questo avamposto controllato dall'esercito di Putin praticamente dentro l'Europa (la Moldavia non è nella Nato ma ha uno status speciale nei confronti dell'Unione Europea) i giornalisti stranieri adesso non entrano più. Lo capiamo definitivamente quando, finalmente, riappare il corpulento soldato russo, con in mano i nostri passaporti, la mia tessera della Federazione Internazionale dei Giornalisti, la lettera di accredito dell'HuffPost, i documenti degli altri. Jim, il collega che parla russo, ci riferisce quel che ha detto: "Dobbiamo tornare indietro. Dice che hanno chiesto l'autorizzazione a qualcuno del "governo" (della Transnistria), dopo aver mandato le foto dei nostri documenti, dei pass stampa etc., e che quel qualcuno ci ha espressamente vietato l'ingresso in Transnistria".
Se le forze russe riusciranno a prendere completamente il porto ucraino sud-occidentale di Odessa – e lo faranno presto – si troveranno a soli 70 km dalla Transnistria. Quindi, se il Cremlino decidesse di dare vita al famigerato corridoio russo che dalla Crimea, attraverso il Donbass arriva fin qui, si realizzerebbero due cose: la prima, che l'Ucraina diventerebbe un paese senza sbocco sul mare, tagliato fuori dal Mar Nero; e in secondo luogo, che la guerra di Putin si sarebbe ufficialmente estesa alla Moldavia, candidato ad entrare in Unione Europea, strettamente legato alla Romania, membro della Nato.
E il fatto che noi non siamo riusciti ad entrare in Transnistria – dove, fino a ieri, si entrava con relativa facilità - può significare che qualcosa di davvero brutto sta per accadere da queste parti, tenuto conto che le notizie sull'aumento dello stato di allerta nella repubblica-fantasma di Transnistria, di fatto già armata da Putin, sono state confermate.
"Se l'Ucraina cade, la Russia farà fare la stessa fine alla Moldavia", ha detto l'ex presidente della Corte costituzionale Alexandru Tanase in un post su Facebook. Ed ha aggiunto di essere convinto che "al Cremlino c'è già una lista per insediare a Chisinau un governo fantoccio".
Mentre mi giro a guardare il posto di "confine", dopo aver fatto inversione con la nostra auto, riesco ancora a scorgere lo sguardo torvo del corpulento soldato russo puntato verso di noi. Tutt'attorno il nulla. Impossibile non provare un brivido lungo la schiena.