di Gregorio Sorgi
Negli ultimi giorni il Regno Unito ha imposto sanzioni contro sette oligarchi russi accusati di avere legami con il Cremlino. Ma c’è un nome che ha fatto più rumore degli altri: Roman Abramovich, conosciuto dal grande pubblico perché proprietario del Chelsea dal 2003, che ieri è stato sanzionato anche dall’Unione europea. Le autorità britanniche hanno congelato i suoi beni nel Regno Unito, tra cui una villa dal valore di 125 milioni e il club della Premier League, che è stato messo in vendita dal governo. Il magnate russo è stato fotografato ieri in partenza dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, dopo che Israele si è rifiutato di offrire rifugio agli oligarchi sanzionati dall’occidente.
Il governo di Londra ha accusato il magnate russo di avere un vecchio rapporto di amicizia con Vladimir Putin, e di essere di fatto a capo dell’azienda produttrice di acciaio Evraz, che sostiene l’invasione russa dell’Ucraina. Il ministero degli Esteri di Londra ritiene che Abramovich eserciti “un controllo effettivo” sulla società, che “contribuisce a minare o minacciare l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (…) e potenzialmente fornisce l’acciaio utilizzato nella produzione dei carri armati russi”.
Secondo l’inchiesta della trasmissione BBC Panorama, la parabola di Abramovich ha avuto inizio nel 1995, quando il giovane e ambizioso commerciante di petrolio porta a compimento l’affare che lo avrebbe reso miliardario. Stando alla ricostruzione della BBC, un ministro russo ha versato 137 milioni di dollari sul conto di una banca che avrebbe poi prestato i soldi ad Abramovich, consentendogli di acquistare la compagnia petrolifera Sibneft.
Il magnate e il socio d’affari Boris Berezovsky, che è stato trovato morto nel 2013 vicino Londra in circostanze misteriose dopo avere rotto con il proprietario del Chelsea, hanno acquistato Sibneft a un prezzo di saldo (250 milioni di dollari) e l’hanno rivenduta al governo russo per 13 miliardi nel 2005. La BBC ha visionato un documento delle autorità di Mosca secondo cui Abramovich ha sottratto circa 2,5 miliardi alle casse dello stato nell’ambito di quest’operazione. Questo è stato il verdetto dell’indagine svoltasi all’epoca: “Il Dipartimento dei reati economici è giunto alla conclusione che se Abramovich fosse andato a processo sarebbe stato accusato di frode … ordita da un gruppo appartenente al crimine organizzato”.
Tuttavia, il processo non è andato avanti per via delle interferenze dell’allora presidente russo Boris Yeltsin, che è intervenuto personalmente per bloccare tutto. La BBC ha parlato con Yuri Skuratov, il procuratore russo a capo dell’inchiesta che è stato silurato nel 1999 in seguito alla pubblicazione di un video porno che, a suo dire, è stato fabbricato per farlo fuori. Riferendosi alla vicenda Sibneft, Skuratov ha detto: “In pratica si è trattato di una frode in cui coloro che sono stati coinvolti nella privatizzazione hanno formato un gruppo criminale che ha consentito ad Abramovich e Berezovsky di prendersi gioco del governo, evitando di pagare il valore reale della compagnia”.
Nel 2002 l’oligarca russo finisce al centro di un’altra torbida vicenda tutt’ora irrisolta. Abramovich e un altro socio tentano di acquistare la compagnia petrolifera Slavneft, ma un consorzio cinese offre quasi il doppio. Alcuni protagonisti dell’operazione, come l’allora viceministro all’energia Vladimir Milov, raccontano alla BBC che l’establishment politico russo aveva già deciso di fare vincere Roman Abramovich. A quel punto, viene rapito a Mosca un membro della delegazione cinese in circostanze misteriose e mai del tutto chiarite. Questo atto di intimidazione induce il gruppo di Pechino a fare un passo indietro e, ancora una volta, Abramovich viene ricompensato.
Infine, la BBC ha citato un’altra indagine del 2010 delle autorità spagnole secondo cui Roman Abramovich in realtà sarebbe un faccendiere di Putin, di cui gestisce il patrimonio. L’ex viceministro Vladimir Milov ha confermato questa versione alla BBC: “Penso che Abramovich condivida la sua ricchezza con Putin. Il presidente russo non dà nulla a nessuno senza avere in cambio una ricompensa economica”. Questi dettagli erano risaputi da vari anni, ma la presenza del magnate russo è stata tollerata dai governi di ogni colore. Ci è voluta una guerra per fargli perdere tutto.