A quasi un mese dall’inizio della guerra in Ucraina inizia una nuova fase dell’emergenza profughi che necessita di un coordinamento centrale per rendere più efficace l’azione di supporto che anche le comunità italiane all’estero mettono a servizio di quanti hanno bisogno di aiuto, in Ucraina, nei Paesi che stanno accogliendo i rifugiati e anche in Russia, a sostegno dei connazionali. Questo, in sintesi, quanto emerso nel secondo incontro online promosso dal Consiglio generale degli italiani all’estero con i Comites di Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Russia svolto ieri mattina a due settimane dal precedente.
Presieduto dal segretario generale Michele Schiavone, l’incontro ha visto la partecipazione di rappresentanti di diversi Comites, dell’Upi e di volontari italiani. Ha assistito al dibattito, per la Direzione generale degli italiani all’estero della Farnesina, il consigliere Giorgio Taborri.
Quanto accade in Ucraina, ha esordito Schiavone, è “una stortura della storia che contrasta con l’idea stessa di democrazia e pace”, cui l’Europa e non solo sta rispondendo con grande “solidarietà”, espressa “nelle forme più diverse”.
Una solidarietà che vede i Comites in prima linea e che ora ha bisogno di essere indirizzata da un “coordinamento” centrale, che aiuti a definire le “priorità da sostenere”. Una linea condivisa da Piero Marrese, presidente dell’unione Province Italiane della Basilicata, che ha assicurato la “piena disponibilità a supportare ogni azione utile”, convenendo, appunto, sulla opportunità di una regia che province e comuni in Italia si stanno dando con le prefetture per garantire percorsi di accoglienza e integrazione ai più di 50mila rifugiati ucraini al momento già giunti in Italia.
D’altra parte, ha ripreso Schiavone, di fronte alle emergenze gli italiani all’estero si sono sempre dimostrati attivi e sensibili, ecco perché, ha ribadito, “occorre costituire una rete” che segua una strategia, “sul modello della protezione civile in Italia”.
Una iniziativa encomiabile, secondo la senatrice Laura Garavini (Iv) che ha garantito “vicinanza e apprezzamento” per le tante “iniziative di solidarietà espresse dalle rappresentanze di base”, che dimostrano il “significativo spirito di apertura e disponibilità che l’Italia è capace di mettere in campo”. Per le diverse azioni messe in campo dai Comites, ha aggiunto, “occorrono risorse ad hoc, per altro confermate dal Direttore generale Vignali nel vostro primo incontro. Da parte parlamentare, confermo il sostegno ad eventuali finanziamenti da stanziare ad hoc o da recuperare in qualche capitolo di bilancio”.
La parola è quindi passata ai Comites dei Paesi di confine con l’Ucraina.
Dalla Polonia, la presidente Silvia Rosato ha spiegato che “in queste due settimane c’è stata una grande evoluzione” e che il Comites continua ad essere in costante contatto con ambasciata e istituzioni italiane coinvolte negli aiuti. “C’è bisogno di un piano condiviso a livello centrale e avere un coordinamento nelle singole regioni per distribuire i rifugiati”, ha aggiunto, citando le diverse iniziative spontanee e organizzate, soprattutto per il trasporto delle persone, avvenute negli ultimi giorni. Ora, “è iniziata un’altra fase dell’emergenza: gli italiani o gli ucraini che volevano raggiungere l’Italia per ricongiungimento sono finiti; ora arrivano rifugiati senza destinazione, quindi serve un’attività di persuasione, serve rassicurarli, perché ci sono stati anche alcuni casi di violenza che hanno creato timore e diffidenza”. Fondamentale, quindi, per loro che fanno da tramite è avere “informazioni certe su chi accoglie, e su che tipo di supporto può dare”. Al tempo stesso, c’è da informare le persone disponibili all’ospitalità delle regole che vanno seguite per farlo. “Ben vengano iniziative private, ma che siano strutturate”, ha spiegato Rosato, citando il caso di pullman giunti dall’Italia e ripartiti vuoti. Dunque, ha ribadito, struttura e coordinamento, tanto più necessario se ad essere trasportati sono malati.
Senza dimenticare i percorsi di integrazione. Ecco perché, ha ricordato concludendo, il Comies che presiede ha attivato dei corsi di base di italiano per gli ucraini che hanno scelto l’Italia e presto avvierà uno sportello di assistenza psicologica.
Presidente del Comites Repubblica Ceca, Roberto Massa ha spiegato che nel Paese sono stati accolti ad oggi 270mila profughi e che sono stati rilasciati 180mila visti. Il Paese garantisce anche copertura sanitaria. “Stiamo entrano in nuova fase: dopo l’emergenza pura, ora siamo di fronte a persone da inserire nel tessuto sociale”, ha detto. “Ci sono già file negli uffici per il lavoro, e il governo lancerà un’applicazione nazionale per gestire le registrazioni; nel frattempo viene dato loro un minimo per sopravvivere”. Il Comites agisce “in coordinamento con la Camera di Commercio Italiana e l’Ambasciata. Con la CCI abbiamo lanciato una raccolta di beni necessari il 10 e 11 marzo, già consegnati al confine ungherese. Per la raccolta fondi servono autorizzazioni particolari. Nei prossimi giorni avremo un collegamento diretto con alcuni parlamentari locali per valutare possibili sinergie”.
Presidente di Palazzo Italia a Bucarest, Giovanni Baldantoni è all’opera con il Gruppo solidarietà ed emergenza; seguono “caso per caso” chi ha bisogno. Hanno segnalazioni quotidiane dai vigili del fuoco. “Gli ucraini vogliono tornare a casa, ecco perché si fermano nei paesi vicini. Fanno resistenza a venire in Italia”, ha spiegato, illustrando le collaborazioni con enti civili e religiosi e spiegando come la Romania sta affrontando l’emergenza, provvedendo, tra l’altro, alla creazione di quartieri con i container dove ospitare i rifugiati.
Dall’Ungheria, che ad oggi ha accolto 300mila rifugiati, è intervenuto il Presidente del Comites Maurizio Sauli, che ha riferito di una “assistenza ben organizzata dal governo” e spiegato che il Comites la momento “su iniziativa dei consiglieri ha raccolto e consegnato beni di conforto e prima necessità. Manchiamo di coordinamento; non abbiamo riferimenti, ci muoviamo con i volontari sul territorio, ma non con altri enti né con l’ambasciata. Ci manca un riferimento e l’inserimento all’interno di una rete”, ha concluso.
Presidente del Comites di Mosca, Massimo Marengo ha invece evidenziato le difficoltà degli italiani lì residenti a causa delle sanzioni e non solo. Si va dagli Aire rientrati in Italia perché richiamati dalle aziende che ora sono senza assistenza sanitaria a quanti rimasti a Mosca non vedono accreditarsi lo stipendio perché le banche italiane si rifiutano di fare le operazioni anche con banche non colpite da sanzioni. “Spero che ci sia grande cuore anche per queste persone”, ha detto, proponendo un incontro dedicato ai connazionali in Russia e Bielorussia e auspicando anche “un’azione di sensibilizzazione in Italia contro il sentimento antirusso”.
Da Vienna, la consigliera Comites Marta Mauro ha spiegato che dei circa 4mila rifugiati arrivati nel Paese, “la maggior parte – circa il 95%- non vuole rimanere in Austria, come ci ha confermato l’agenzia per l’integrazione. Da lunedì chi vorrà rimanere potrà registrarsi legalmente”. Il Comites ha deciso di utilizzare “gli strumenti che ha”, dunque sta informando la comunità e pensando alla realizzazione di un evento benefico di raccolta fondi che coinvolga artisti italiani in Austria. “Sulla base dell’esperienza migratoria degli italiani – ha aggiunto – dovremmo cercare di capire come attivare una spirito di accoglienza a lungo termine per i cittadini ucraini che, alla fine della guerra, vorranno rimanere nell’Ue”.
Dalla Svizzera padre Antonio Grasso (Mci Berna) ha spiegato le diverse azioni sul territorio messe in campo con enti e istituzioni italiane e non solo per l’accoglienza dei profughi. “Collaboriamo con più piattaforme di coordinamento”, ha spiegato, e “abbiamo capito che serve una “mappatura delle competenze”. Perché non basta mettere a disposizione strutture, ma anche persone per l’accompagnamento dei profughi, penso al dopo scuola per i bambini, a servizi di mediazione e ascolto”.
A disposizione per il trasporto in Italia dei cittadini ucraini che lo vorranno si è detto anche il Comites di Nizza, rappresentato da Marco Callà, che ha citato una iniziativa in tal senso già attivata dal Comites di Montecarlo.
Presidente del Comites Romania, Gianni Calderone ha voluto sottolineare la “straordinaria solidarietà delle persone” e la collaborazione del comitato “con Croce Verde e Croce Viola per portare aiuti proprio in Ucraina. Chi è rimasto lì è chi ha più bisogno, sono i più poveri che non sono riusciti a fuggire. Quindi se qualche Comites vuole fare raccolta di beni noi siamo disponibili a portarli in Ucraina”.
Certo, ha aggiunto, “sarebbe importante avere fondi: se arriveranno a guerra finita avremo fatto come sempre di tasca nostra”. “Sbloccare i fondi dei Comites è una priorità per tutti, al di là dell’emergenza ucraina”, ha convenuto Schiavone, che a Taborri ha chiesto di accelerare nella distribuzione delle risorse che “sappiamo essere già stanziate”. Per il segretario generale si potrebbe anche attivare un fondo al pari di quanto fatto per quanti, italiani all’estero, avevano bisogno di aiuto durante l’emergenza covid. In quella occasione, il Governo stanziò 6milioni di euro.
Soldi che potrebbero essere utili a sostegno degli italiani in Russia che non riescono a vedersi accreditato quanto loro dovuto, ha osservato Giuseppe De Vita, vicepresidente del Comites Ungheria; oppure confluire in un fondo di solidarietà per chi assume personale ucraino, ha detto invece Diego Renzi, ex presidente del Comites San Marino.
Quanto ai pensionati – l’Inps paga in Ucraina 4.400 pensioni – il consigliere Cgie Lodetti ha aggiornato i colleghi sulla decisione dell’istituto di garantire una proroga della campagna di esistenza in vita.
Insomma, ha sintetizzato Schiavone, le esigenze emerse in questo primo mese di conflitto sono diverse e tutte rilevanti: “serve un impegno straordinario, e quindi dobbiamo organizzarci, strutturarci” anche per “condividere best practice”. Per farlo “occorre una regia dentro la Farnesina”, che il segretario generale immagina all’interno della Direzione generale per gli italiani all’estero: “all’interno della Dgit serve un ufficio di riferimento specifico, cui i Comites, le associaizoni, tutti gli italiani all’estero possono far riferimento per un sostegno alle loro iniziative. È essenziale per dare una risposta certa, chiara e strutturata”.
Nel frattempo, il segretario generale ha proposto per il prossimo fine settimana una sorta di “Giornata delle porte aperte” delle associazioni, dei Comites, degli enti e delle organizzazioni in giro per il mondo “affinché possano dare informazioni e notizie su cosa stanno facendo per rispondere all’emergenza ucraina”. Per i loro progetti, al di là delle somme stanziate dalla Dgit, i Comites dovrebbero poter avere accesso anche al fondo da 10 milioni stanziato dal Governo attraverso la Farnesina.
“Lunedì – ha anticipato - scriverò al Dg Vignali e al sottosegretario Della Vedova. Perché è opportuno strutturarci: servirà anche per il futuro, così che non si debba ricominciare da capo ad ogni nuova emergenza”.