di Paolo Griseri
Vivono sul lago Brasimone in un laboratorio immerso nel verde a cavallo tra Emilia e Toscana. Studiano il nucleare che verrà. Centrali pulite, o comunque molto meno pericolose delle attuali. Fanno un lavoro che è il sogno degli scienziati in tutto il mondo. Perché l’idea di rendere meno o per nulla inquinante una centrale nucleare è un obiettivo in grado di cambiare i destini del pianeta. Ma non saranno profeti in patria.
Il progetto è quello di realizzare centrali di dimensioni ridotte, non più di 300 megawatt (rispetto ai 1.600 di quelle tradizionali) e con un sistema di raffreddamento delle barre di uranio che non utilizza acqua ma una soluzione contenente piombo. Che è più sicura perché in caso di incidente non evapora e scherma dalle radiazioni. Inoltre le barre sono di uranio naturale che non hanno bisogno di essere riprocessate al termine del ciclo di utilizzo. Insomma meno casi Fukishima e meno scorie radioattive.
Detto così sembra semplice e certamente gli addetti ai lavori avrebbero molto da eccepire sulla nostra semplificazione. Ma la sostanza dovrebbe questa. Il problema è come realizzare praticamente queste intuizioni. Sull’Appennino partirà una sperimentazione in collaborazione tra Enea e newcleo (società privata con una importante sede a Torino e partecipata, tra gli altri, da Exor) per creare un modello di centrale alimentato da un motorino elettrico. E se funzionerà?
Ecco un bel problema. Se funzionerà non succederà un bel nulla. O meglio succederà molto. Ma oltre le Alpi. Nella Penisola non accadrà niente perché con due referendum del 1987 e del 2011 gli italiani hanno bloccato i programmi nucleari e oggi chi ipotizza il ricorso all’energia dell’uranio è guardato come un appestato. Dunque il lavoro degli scienziati italiani (gli stessi che inventarono lo sfruttamento del nucleare un secolo fa) sarà molto utile ai cittadini inglesi e francesi che infatti stanno trattando il brevetto per l’eventuale utilizzo delle nuove centrali (sempreché funzionino e si rivelino davvero sicure) Noi invece, come le stelle di Cronin, staremo a guardare. A imprecare contro le aziende che, incredibilmente, non vogliono investire in Italia dove l’energia costa di più. E a continuare a produrla come oggi, costretti a sperare che le pale girino o a inchinarci al primo dittatore padrone dei rubinetti. Perché, sembrerà incredibile, ma vista oggi l’energia nucleare sembra più democratica di quella tradizionale. Chi la usa dà l’idea di essere più libero di noi. Costretti ancora alla canna del gas.