di Sandro Gozi
Mentre i missili russi continuano a cadere sul suolo ucraino, la Nato è chiamata a rispondere all'ennesima crisi di sicurezza sul continente europeo con fermezza e unità. La prossima tappa nel processo di rinvigorimento del Patto atlantico sarà il vertice di Madrid di giugno durante il quale i Paesi membri saranno chiamati a eleggere un nuovo Segretario Generale. Quest'ultimo prenderà il posto dell'ex Primo Ministro norvegese, Jens Stoltenberg, molto popolare per la sua tranquilla diplomazia, ma al tempo stesso responsabile di una Nato che appariva ormai in stato di morte cerebrale prima delle recenti azioni di Putin.
Italia e Francia hanno una responsabilità essenziale in questo passaggio storico, considerando che nei prossimi cinque anni dovremo creare una struttura di difesa europea più forte e guidata con maggiore determinazione. Ciononostante, molti guardano la prossima nomina del Segretario generale dal punto di vista sbagliato. Non abbiamo bisogno di qualcuno che faccia da intermediario per la pace, in quanto responsabilità nelle mani di altri quali ONU, OSCE e il Normandy Group. Abbiamo bisogno di qualcuno che possa unire i leader dell'UE e creare una difesa europea credibile e reattiva, soprattutto qualcuno che abbia capacità di monitorare, prevedere e prevenire futuri conflitti in Europa.
Sono numerose le voci che in questi giorni paventano la possibilità di un nome italiano alla testa della NATO, un'aspirazione che non ha (almeno a parole) attirato l'attenzione dei più recenti ex inquilini di Palazzo Chigi. Mentre nulla sembra ancora deciso sulla possibile scelta del futuro candidato, un Segretario Generale italiano di spessore potrebbe tuttavia rappresentare un'ottima notizia sia per l'UE che per la NATO, in quanto assicurerebbe coesione tra la necessità di rinvigorire l'alleanza atlantica e di federare gli Stati europei in un progetto di politica estera e di difesa comune. L'Italia ha dunque il dovere, non solo il diritto, di avanzare una propria candidatura.
Se è vero che negli ultimi cinque anni la NATO ha assistito impotente al riemergere di forti tensioni al di là dei confini del nostro continente, la compattezza dimostrata in seguito all'invasione russa dell'Ucraina ci pone davanti ad un'occasione unica di riforma della filosofia stessa che sta alla base del Patto atlantico. In questo scenario, il raggiungimento dell'obiettivo del 2% del PIL da destinare alle spese militari risulta sempre più necessario: una decisione alla quale anche l'Italia, il cui budget oggi è di poco superiore all'1%, ha il dovere di adeguarsi rapidamente per evitare di esporsi alle critiche degli USA e degli altri alleati. Questo, come ha ricordato il presidente Macron, per rafforzare la nostra autonomia di fronte alle sfide future e potenziare i nostri eserciti per essere pronti a rispondere ad "una guerra di alta intensità che può tornare sul nostro continente".
Bisogna inoltre adoperarsi per un profondo ripensamento del ruolo diplomatico che la NATO deve svolgere nel mondo, per assicurare che i valori fondanti della comunità internazionale - democrazia, stato di diritto, multilateralismo e pace - vengano propriamente rispettati attraverso un'azione che sappia conciliare il giusto mix di potenza, influenza e di prevenzione.
In un simile contesto di riforma, un grande impulso deve provenire dall'Unione europea. Gli europei devono urgentemente farsi carico delle proprie responsabilità storiche e inaugurare una politica estera e di difesa comune, per diventare insieme agli Stati Uniti il pilastro fondante di una NATO adatta alle sfide del XXI secolo. La promozione di una relazione più costruttiva e simbiotica tra UE e NATO dovrà essere uno dei compiti principali del prossimo Segretario Generale, che dovrà scacciare gli attacchi di coloro che etichettano il rafforzamento dell'alleanza e la creazione di una difesa europea come un'inutile militarizzazione, o di chi insiste nell'identificare un'Europa strategicamente autonoma come una seria minaccia all'unità atlantica. Attacchi che non fanno altro che indebolirci di fronte a minacce vitali che si avvicinano sempre di più alle nostre frontiere.
Lo Strategic Compass, la bussola strategica della quale vuole dotarsi l'Unione europea per delineare quella che sarà la politica di difesa e di sicurezza per il prossimo decennio, va proprio in questa direzione, prevedendo una serie di strumenti per una maggiore cooperazione, riunioni congiunte e scambi regolari tra Nato e Ue: "La partnership strategica dell'Ue con la Nato è essenziale per la nostra sicurezza euro-atlantica, come dimostrato ancora una volta nel contesto dell'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina nel 2022. (...) L'Ue resta pienamente impegnata a rafforzare ulteriormente questo partenariato fondamentale anche per promuovere il legame transatlantico". E ancora: "Gli Stati Uniti restano il partner strategico più fedele e importante dell'Ue e sono una potenza globale che contribuisce alla pace, alla sicurezza, alla stabilità e alla democrazia nel nostro continente".
La violenza di Stato imposta da Putin come l'unico modo per risolvere le controversie internazionali è una sfida frontale al modo di organizzare la coesistenza pacifica tra Stati e popoli diversi così come l'avevamo voluta e sviluppata dalla fine della Seconda guerra mondiale. Oggi dobbiamo inventare un valido ed efficace modello alternativo, fondato sulla prevenzione dei conflitti attraverso la diplomazia, attraverso la fiducia reciproca tra nazioni basata su un sistema di regole (scritte e non) condivise dalla comunità internazionale intera.
La guerra è di nuovo tornata in Europa e i nostri cittadini cominciano a temere seriamente che un'escalation oltre i confini ucraini sia inevitabile. Bisogna fornire risposte concrete ed ambiziose e la priorità per noi europei dev'essere la realizzazione di una politica estera e di difesa comune, come premessa per una NATO in grado di portare a termine la sua missione principale: assicurare la pace sul nostro continente.