di Riccardo Nencini

 

È successo a Kreminna, nell’Ukraina orientale, 56 anziani sono stati uccisi in una casa si riposo; un numero imprecisato di ragazze è stato stuprato e impiccato da soldati russi, alcune donne, per la disperazione, si sono suicidate; cittadini ucraini sono stati deportati in campi di concentramento in Russia; un centinaio di bambini morti ammazzati; 10 milioni di ucraini in fuga. Un dramma così grande che t’incatena alle tue responsabilità, e invece. È la guerra, dirai. Già, la guerra. La guerra tra eserciti è da tempo un ricordo, merce rara, da monarchie di tre secoli fa. Battaglioni in parata che si scontrano in campo aperto, ci si ammazza tra professionisti, si contano i morti, si proclama il vincitore.

La guerra come un’opera d’arte ti sorprende nei musei di mezzo mondo, ti affascina, l’abisso della mente ne è attratto. C’è un però: quel gioco macabro non ti appartiene, riguarda soldati di mestiere, la guerra non bussa alla porta di casa. In Ucraina, e non è il primo e unico caso recente, no, a est ricordo la Cecenia, la Georgia, e poi l’Africa e terre dell’Asia lontana, la guerra ha penetrato villaggi sperduti e città, devastato asili e ospedali, cancellato le vite anonime di civili. E noi? Abbiamo imposto sanzioni, inviato aiuti, consegnato armi per fronteggiare l’avanzata dei russi. Molto, eppure non basta.

L’Onu è un moncone, il gas siberiano oro colato. Girati intorno. Prevale un moralismo ipocrita, si fanno calcoli su quanto e come si debba aiutare un popolo aggredito, si invoca la pace dimenticando quanto la storia sia un legno storto, abbia una natura tragica quando la forza entra in campo. I buoni sentimenti non bastano mai, questo insegna la storia. Due esempi. Vincemmo la Grande Guerra grazie all’intervento americano, prestiti in dollari, uomini e armi. Vincemmo la Seconda Guerra Mondiale grazie alla scelta di Churchill di resistere ad ogni costo, fino all’ultimo uomo, un eretico, Churchill, poi di nuovo grazie al coinvolgimento degli Stati Uniti in Europa e nel Pacifico. Non dimentico nemmeno le squadre partigiane, dalla Iugoslavia alla Francia all’Italia, liberare città, rischiare la vita per un ideale.

La guerra non va esorcizzata, va combattuta con strumenti adeguati se credi nella libertà, nella sovranità degli Stati, nella possibilità di un popolo di scegliere il suo destino liberamente. Putin sa cosa vuole, è l’Occidente che arretra. È risaputo: qualsiasi seria trattativa si terrà solo quando lo zar avrà raggiunto almeno il suo obiettivo minimo: scardinare il gruppo dirigente dello stato ucraino, prendersi le due regioni occupate all’inizio del conflitto, trasformare l’Ucraina in una succursale di Mosca. Siamo disponibili ad accettare una soluzione del genere, un ‘Patto di Monaco’ che grida vendetta, o non sarebbe più utile prevedere, accanto alle misure già prese, una missione peacekeeping? Sì, perché una domanda dobbiamo pur porcela. Rispetto alle previsioni iniziali, la guerra ha cambiato di segno, doveva risolversi in un pugno di giorni e durerà a lungo, sta provocando sconquassi economici ad ampio raggio, imprevisti, colpisce un’intera nazione senza guardare in faccia nessuno, né bambini né vecchi. Insomma, le sanzioni non bastano, non hanno mai fermato un tiranno. Se gli ideali ci sembrano un’eco del passato, ossa putrefatte, spezzate, almeno si rifletta sul portafoglio.