Un giovedì calcistico come non c'era mai stato: il gol della Macedonia del Nord nel taxi, cancellato dalla rete di De Arrascaeta nel freddo (solo per il clima) Centenario. Prima tristezza e parole di conforto, poi urla di gioia e fuochi d'artificio
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di ROBERTO ZANNI
Il posto di 'Gente d'Italia' era lì pronto: l'AUF, Asociacion Uruguaya de Futbol, ci aveva riservato il 159, seconda fila della tribuna stampa, postazione centrale, visuale perfetta per godersi tutto il Centenario nell'ultima decisiva partita casalinga dell'Uruguay contro il Perù in queste eliminatorie per i Mondiali 2022. Prima però di andare allo stadio, c'era da vedere in tv l'Italia contro la Macedonia del Nord. Giovedì una giornata piena per tutti noi di 'Gente', con i nostri amori calcistici, l'Italia e l'Uruguay. Non avevamo dubbi: ci aspettava una giornata di gol e di festa. Ma quando ormai mancavano pochi secondi alla fine dei 90' regolamentari l'orologio era già corso troppo avanti, erano già le 6,30 e allora mi sono deciso a lasciare il Direttore Mimmo Porpiglia davanti alla tv, mentre i supplementari me li sarei visti durante il tragitto che mi avrebbe portato allo stadio. Ma appena salito sul taxi, ecco il telefono che suona: nemmeno il tempo di dire "Sì Direttore?" ecco che sento solo poche parole, piene di rabbia e amarezza: "L'Italia è fuori!". Un attimo di silenzio poi il tassista che mi dice "Que pasa señor?. E così ci siamo messi a parlare di calcio, qualche parola di conforto, il suo dispiacere di non vedere l'Italia, un'altra volta, nella World Cup. "Senza gli Azzurri - mi ha detto - non sono veri Mondiali". Beh, grazie, almeno ci sono persone, e sono sicuro anche un Paese, davvero dispiaciuti per questo ennesimo tonfo. Meno male che non tutti sono inglesi... Ma nel frattempo eravamo già arrivati allo stadio: migliaia di persone con bandiere, striscioni, poi cori e canti, la gioia del pallone dentro e fuori quel monumento al calcio che è il Centenario. Passando accanto alle file festanti per entrare allo stadio, ecco la porta 24, quella riservata alla Prensa, poi l'ascensore, il secondo piano, l'ingresso nella tribuna e uno spettacolo unico. Lo stadio pieno, oltre 60.000 persone, luci, grida, ola una dietro l'altra, un pubblico di una sportività e di una passione unica: ovazione senza fine per Luisito Suarez ed Edinson Cavani, non importa se il Matador partiva dalla panchina, poi tutti in piedi agli inni, qualche collega che mi chiedeva come aveva potuto perdere l'Italia e finalmente, anche per me, per dimenticare, ecco il fischio d'inizio. Non mi aspettavo quel vento freddo, ma a scaldarmi e a farmi mettere da parte l'eliminazione dai Mondiali 'regalatami' dall'Italia, dopo il brivido Lapadula (due occasioni da gol per l'attaccante del Benevento) ecco il gol di Georgian de Arrascaeta. E sono saltato in piedi a festeggiare come tutti i colleghi uruguaiani che erano vicino a me, devo ammetterlo è stata una liberazione. "Cavolo - ho pensato - così si gioca, non ci si tira mai indietro, ci si butta su ogni pallone, si dà l'anima per la camiseta". Così quell'1-0 ha portato anche il sottoscritto e tutta 'Gente d'Italia' ai Mondiali e ho sudato freddo su quel pallone dentro/fuori dei peruviani all'ultimo minuto. Ho sudato freddo con tutti i 60.000, ma l'Uruguay ha meritato di andare in Qatar con un turno di anticipo nella propria leggendaria casa e con la Celeste anch'io come il nostro giornale. Noi siamo stati fortunati (a differenza della maggioranza degli italiani): quattro ore prima ci avevano scippato dei Mondiali, al Centenario ce li hanno ridati. Grazie Uruguay, che meraviglia tutti quei fuochi d'artificio e quei clacson impazziti per una festa durata tutta la notte.