Nervi tesi, tesissimi tra Mosca e Roma. Non è piaciuta al Cremlino la linea dura sposata dal governo italiano circa l’ulteriore inasprimento delle sanzioni contro la Russia, l’invio di armi all’Ucraina e l’apertura del premier Draghi all’ingresso di Kiev nella Ue.
Ieri l'ambasciatore della Federazione russa in Italia Sergey Razov da un lato ha smentito ogni ipotesi di "minaccia nucleare" ventilata dagli Usa e dai paesi europei e dall’altro ha attaccato duramente lo Stivale ricordando come da otto anni lavori in Italia, periodo in cui ha collaborato “con Renzi, Conte, Letta e adesso Draghi. Abbiamo fatto di tutto per costruire ponti, rafforzare i rapporti in economica, cultura e altri campi. Con rammarico adesso tutto è stato rivoltato".
Il tema agitato è sempre lo stesso: i russi avrebbero fornito un grosso aiuto all’Italia durante la fase più dure della pandemia (anche se le modalità di questo sostegno sono ancora tutte da chiarire) ma ora che il peggio sembra essere passato ecco che il Belpaese si mostra irriconoscente, voltando le spalle alla Russia di Vladimir Putin.
“Due anni fa – ha aggiunto, non a caso, Razov - sono stato con le autorità che accoglievano i voli di aiuti Covid per l’Italia dalla Russia. Dalla parte italiana la missi one fu accolta dal ministro degli Esteri e dal Capo di Stato Maggiore”. Ebbene "al popolo italiano – ha rincarato la dose il rappresentante diplomatico - è stata tesa una mano di aiuto, ma se qualcuno morde quella mano non è onorevole”.
Come ulteriore mossa contro il nostro Paese, Razov, ha anche depositato in Procura, a Roma, un esposto per istigazione a delinquere e apologia di reato per un articolo pubblicato sulle colonne del quotidiano La Stampa dal titolo “Guerra Ucraina-Russia: se uccidere Putin è l’unica via d’uscita”.
Secca la replica del CdR del quotidiano torinese, secondo cui la querela è “intimidazione contro la libertà di stampa”. “Solo nel mondo alla rovescia di Putin si querela un giornale. Non prendiamo lezioni da un regime illiberale che fa strage di umanità e di verità" ha sbottato il direttore de La Stampa Massimo Giannini.