di Carlo Tecce
Il ministro Giancarlo Giorgetti è il leghista più addentro al sistema di relazioni americane in Italia. Già tre anni fa, mentre il Carroccio era scivolato all'opposizione dopo il ribaltone del Papeete di Matteo Salvini, Giorgetti disse che tentò di «mettere in guardia» il suo segretario dagli amici russofili Gianluca Savoini & C.
Adesso che il mondo ha percepito con maggiore chiarezza il pericolo di Vladimir Putin, nonostante decenni di segnali inequivocabili sparsi tra Georgia, Crimea, Donbass, Salvini cerca goffamente di cancellare le prove dei suoi trascorsi putiniani. La sua carriera politica è talmente impastata di ingredienti russofili che non ci riesce.
Gianluca Savoini e Claudio D'Amico sono gli ex fondatori dell'associazione "Lombardia Russia", dissolta dopo le inchieste dell'Espresso di Giovanni Tizian e Stefano Vergine che portarono alla scoperta della trattativa del Metropol. Ex portavoce del capo leghista, Savoini era al tavolo dell'albergo di Mosca a discutere di un finanziamento al partito per le elezioni Europee del 2019.
D'Amico non c'era, non c'entra con quella vicenda, in quel periodo – tre anni fa – era consulente del vicepremier Salvini con un'esperienza formativa a Sebastopoli: osservatore internazionale per accertare la regolarità del referendum che sancì l'annessione a Mosca della Crimea scippata all'Ucraina.
Allora la Lega era già al potere nell'alleanza gialloverde con i Cinque Stelle con le continue sbandate in politica estera, ma la Lega di Salvini, risorta dopo gli scandali dei rimborsi pubblici e la fine dell'epoca di Umberto Bossi, s'ispirò al partito Russia Unita di Putin, si abbeverò alle teorie del filosofo Alexander Dugin e sì avvicinò all'oligarca putiniano Kostantin Malofeev.
Invece in Europa, da sempre, la Lega è il partito più attivo nel contestare le sanzioni economiche al regime moscovita. Per dirne una, esattamente sette anni fa, l'associazione "Lombardia Russia" organizzò un convegno a Milano con i vari Savoini e D'Amico e ospite d'onore un ministro della Repubblica di Crimea riconosciuta da paesi non proprio liberi come la Bielorussia e ovviamente le conclusioni furono affidate a Salvini.
Il segretario del Carroccio celebrò Putin, «uno dei pochi leader che ha le idee chiare su una società positiva, ordinata, pulita e laboriosa per i prossimi cinquant'anni». Un elogio così coinvolgente e appassionante che terminò con la richiesta all'Europa di accettare l'indipendenza della Crimea. Salvini ha un solo modo per eliminare le tracce di ciò che ha fatto e detto su Putin. Cambiare identità.