L’incontro di Joe Biden al castello reale di Varsavia con la classe dirigente polacca e il presidente polacco Duda, il colloquio con i ministri ucraini degli Esteri Kuleba e della Difesa Reznikov dopo gli incontri diretti a Bruxelles con i leader dei 30 paesi NATO, con il G7 e, per la prima volta, con il Consiglio europeo, sono tutti capitoli di alto valore simbolico che indicano una svolta della politica estera degli Stati Uniti verso l’Europa e l’Alleanza atlantica.
Da anni per i presidenti George W. Bush, Obama e Trump i rapporti politici con l’Europa e la NATO avevano perso la priorità per gli Stati Uniti. Non è un caso che negli ultimi decenni si sono ripetute le richieste dell’Amministrazione americana agli Stati europei della Nato di aumentare i bilanci della difesa, e così sollevare l’onere finanziario che gli americani non volevano e non potevano più sostenere. Fino a ieri gran parte degli Stati europei, Germania, Italia e Spagna in testa, non avevano voluto ricevere il messaggio americano, continuando ad affidarsi per la difesa e la sicurezza al contributo decisivo dell’ombrello degli Stati Uniti attraverso la NATO.
Oggi la situazione sembra mutata sia da parte europea che americana. La Germania, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, ha destinato un parte significativa del bilancio al riarmo che modifica i rapporti di forza al centro dell’Europa. Anche il governo italiano, di fronte allo scoppio della guerra contro l’Ucraina e alla minaccia autocratica della Russia, ha deciso di innalzare la spesa per la difesa a quel 2% che era stato pattuito nel trattato Nato. Ma l’atteggiamento degli europei che è stato spronato dalla minaccia russa che riecheggia l’aggressività dell’impero sovietico, è speculare al mutato atteggiamento del presidenza statunitense, testimoniato dal viaggio in Europa. Nelle dichiarazioni di Biden non è tanto il riecheggiare di parole d’ordine come “lotta tra la democrazia e una oligarchia”, “l’oppressione contro la libertà”, o la definizione di “criminale” attribuita a Putin, quanto la rimessa in valore del rapporto politico con l’Europa e la riesumazione di una mission persa dalla NATO alla scomparsa dell’Unione sovietica. Ha certo contribuito al riavvicinamento di Biden all’Europa l’interesse a ridurre i rapporti economici e commerciali – il gas e il petrolio – degli Stati europei, in primis della Germania e dell’Italia, con la Russia. Di qui l’accordo, per il momento minore ma significativo, di un aumento delle forniture del gas americano per cominciare a rimpiazzare quello russo.
La svolta politica consiste soprattutto nell’impegno futuro degli Stati Uniti verso l’Europa, oggi attraverso gli aiuti militari e umanitari all’Ucraina e, domani, verso il ruolo della NATO divenuto un “obbligo sacro”, espressione che deve essere interpretata al di là dell’ovvio valore retorico. La visita di Biden all’82° divisione autotrasportata USA di stanza in Polonia al confine del fianco orientale della Nato non è, certo, il discorso del 1963 di John F.Kennedy Ich bin ein Beliner rivolto ai tedeschi dell’est comunista. Il carisma dell’attuale presidente non è quello del suo predecessore di sessanta anni fa. Ma la serie degli incontri europei e delle parole pronunziate da Biden lasciano intendere che la politica americana verso l’Europa può essere significativamente mutata.