di Matteo Forciniti
All'interno della tradizione gastronomica in Uruguay la pizza occupa senz'altro un posto speciale grazie all'influenza degli emigrati italiani. Ma come è successo per tanti altri piatti anche la pizza è stata vittima di una reinterpretazione e di uno stravolgimento all'interno di quel complesso processo di mescolanza tra cultura d'origine e quella locale, tra passato e presente. Oggi parlare di autentica pizza napoletana qui spesso è difficile, incomprensibile per molti nonostante il fatto che questa preparazione sia entrata a pieno diritto nel patrimonio gastronomico nazionale con la sua variante locale chiamata "muzzarella", diffusissima in ogni angolo del paese.
La pizza napoletana però è un'altra cosa e qualcuno sta cercando di iniziare a diffonderla: nella giornata di lunedì la Casa degli Italiani di Montevideo ha ospitato una masterclass organizzata dalla Scuola Pizzaioli di Buenos Aires, la prima scuola di formazione nata in Argentina nel 2018 che conta con l'appoggio dell'Accademia Nazionale Pizza DOC.
"Sono cresciuto con la pizza al forno a legna in famiglia grazie ai miei nonni napoletani. Il nonno si occupava del fuoco, la nonna cucinava" racconta il fondatore della Scuola Juan Pablo Padrevita al termine della masterclass data a Montevideo dove è stato descritto tutto il lungo processo che porta alla magnifica creazione, dalla preparazione dell'impasto fino alla stesura e alla cottura e poi ancora autolisi, biga e poolish per un pubblico molto variegato dai pizzaioli domestici fino a quelli professionali. Quattro i pizzaioli che hanno tenuto la lezione guidati da Germán Pantuso.
"Ho iniziato seguendo quella che era una grande passione e poi nel tempo, attraverso diversi viaggi in Italia, mi sono specializzato fino a trasformarlo in un lavoro vero e proprio con una pizzeria a Buenos Aires e questa scuola di formazione -la prima del suo genere in Argentina- dove vogliamo condividere e trasmettere queste esperienze attraverso molteplici attività" spiega l'imprenditore italoargentino. "In particolare, noi ci dedichiamo alla diffusione della pizza napoletana contemporanea che ha un livello di idratazione più alta rispetto a quella tradizionale".
Padrevita è cosciente che un prodotto del genere in Sud America presenta alcune difficoltà perché si scontra con alcune abitudini molto radicate. Tuttavia è convinto che i tempi siano maturi per iniziare questa svolta e che ci sia un terreno da esplorare in questa zona del mondo ricca di italianità da riconquistare attraverso la cucina: "Fin da quando ho cominciato in questo settore ho sempre dovuto spiegare alla gente che si tratta di un prodotto di qualità superiore rispetto a quello a cui erano abituati a mangiare e dove entrano in campo tanti fattori come il tempo dell'attesa per la lievitazione e l'equilibrio dei sapori. Usiamo, ad esempio, pomodori italiani mentre per quanto riguarda la farina siamo riusciti a crearne una ad alto contenuto proteico insieme a un mulino argentino. Tutti questi sono i nostri punti di forza e la gente al momento di vedere il risultato finale lo capisce e lo apprezza. Dopo la pausa imposta dalla pandemia i nostri corsi sono continuati a crescere, la domanda è alta. La nostra missione è quella di diffondere la pizza napoletana in tutto il Sud America perché la gente non ha la possibilità di conoscerla e per questo noi vogliamo educarla. Ci piacerebbe tornare presto in Uruguay per fare tanti altri progetti dato che siamo molto vicini".