di Matteo Forciniti
Una serie di attività hanno accompagnato la parte conclusiva dell'esposizione "Oltre i confini, experiencias migrantes italianas" che si chiuderà il 16 aprile. Ospitata dal Mumi, il Museo de las Migraciones di Montevideo, l'iniziativa è stata organizzata insieme all'Ambasciata italiana ed era stata inaugurata il 18 dicembre con la partecipazione di diverse associazioni della collettività.
"Oltre i confini" racconta il viaggio verso l'Uruguay intrapreso dai migranti italiani nel corso del novecento attraverso varie testimonianze dei discendenti di alcuni di loro che hanno raccontato le loro storie. Diversi gli oggetti conservati dalle famiglie che sono stati esposti in questi mesi al Mumi tra cui un paiolo per la polenta, un ferro da stiro o il simbolico cappello con la penna del corpo degli Alpini.
In occasione della conclusione della mostra, durante tutta la settimana scorsa, sono stati proiettati diversi video realizzati dalle associazioni in cui oltre a presentare le loro attività sono state affrontate anche altre tematiche tra cui i tratti specifici dei fenomeni migratori regionali, il viaggio alle radici e la presenza femminile. Molto nutrita è stata la partecipazione tra i gruppi della collettività: Aercu (Associazione Emigrati Regione Campania in Uruguay), Ente Friulano dell'Uruguay Efasce, Circolo Giuliano Biasico di Canelones, Famèe Furlane di Montevideo, Cavu (Comitato delle Associazioni Venete in Uruguay), Circolo Giuliano dell'Uruguay, Associazione Marchigiani dell'Uruguay, Circolo Italiano di Rivera, Circolo Trentino di Montevideo, Circolo Italiano della Costa de Oro, Associazione Figli della Toscana.
Ai video delle associazioni si è aggiunto anche un seminario svoltosi il 30 marzo all'interno delle attività organizzate per la chiusura dell'esposizione.
Ad aprire il seminario è stata la professoressa Lucia Todone che ha affrontato il ruolo della donna friulana attraverso il tempo. È stato -e continua a essere ancora oggi- un ruolo importantissimo quello che la donna friulana ha ricoperto nel corso del tempo, dalle gesta delle donne carniche nel corso della guerra a quelle coinvolte nell'ambito dell'emigrazione.
Restando sempre in questa regione, l'architetta Gisella Mion Bosca ha curato una conferenza sulle traccie friulane nell'architettura dell'Uruguay con l'obiettivo di svelare i mestieri tipici di questi migranti, una mano d'opera considerata "anonima" eppure ugualmente importante che merita di essere ricordata. Sono davvero tante le famiglie che possiamo trovare nel settore della costruzione e anche in quelli affini come il ferro, il legno, il vetro e la ceramica tra cui: Ennio Fuccaro, Antonio Del Pup, Giovanni Colodell Zanella, Tranquillo Donadel, Walter Nazzutti, Julio Augurio Fiori, Sante Antonio Santini Sandrino, Sergio Santin Viel, Edi Arrigo Ligugnana, Enrico Arman e poi ancora le famiglie Pordenone, Cossaro, Mion e Del Pin.
Spostandoci nel nord dell'Uruguay, tra Rivera e Tacuarembó, la professoressa Selva Chirico ha raccontato una storia abbastanza diversa, quella dei lavoratori italiani della miniera di Cuñapirú. Tra loro, nel 1880, c'erano circa 200 anarchici che organizzarono un lungo sciopero contro le condizioni di lavoro disumane: la rivolta venne brutalmente repressa e di quei lavoratori se ne persero le tracce, scomparsi come i "desaparecidos" dell'ultima dittatura.
Sulla fotografa e attivista Tina Mondotti si è concentrato invece l'intervento di Claudio Del Pup, artista plastico di origine friulana. "Impegno e passione" è stato il titolo scelto per parlare di questa famosa fotografa, anche lei friulana e migrante analizzata attraverso le sue opere in un lungo viaggio dall'Italia agli Stati Uniti, al Messico e alla Spagna.
Più indietro nel tempo è andata la conferenza del professor Daniel Torena con una "Breve storia del contributo dell'immigrazione italiana alla vita nazionale dell'Uruguay": una storia partita dall'era coloniale nel Río della Plata per poi arrivare al XIX e al XX secolo con il ruolo esercitato dagli italiani nella vita politica e istituzionale della nazione.
Il seminario è stato concluso dal professor Ernesto Beretta che ha parlato di un altro argomento ricco di italianità, quello degli artisti del diciannovesimo secolo: anche in questo caso la presenza italiana è stata fondamentale tanto per lo sviluppo del settore artistico locale come per la diffusione delle correnti neoclassiche, accademiche e romantiche.