di Riccardo Scarpa
Lo ripeto, a scanso d’equivoci: sono un patriota italianoe, quindi, in caso di guerra, sto con la mia Patria, con le Istituzioni sovranazionali di cui essa fa parte, entro il quadro di alleanze da essa liberamente scelto. Ciò non toglie che stia anche con la Verità, e quindi non con la propaganda di guerra. Siccome la Federazione Russa ha invaso l’Ucraina, e su questo non c’è ombra di dubbio, ed essa, nel diritto internazionale, è lo Stato erede della smembrata Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, e perciò ne ha ereditato il seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, a sedimenti e istituzioni della sua società taluni stanno applicando, in automatico, alcune affermazioni usate, durante la Guerra fredda, contro elementi della società sovietica.
Ciò sebbene gli archivi del Comitato per la sicurezza dello Stato, il famigerato Kgb, siano stati desegretati fino a una certa data e la storiografia, quella seria, vi abbia trovato alcune conferme di quanto supposto, ma anche molte smentite. Adesso, Sua Santità Kirill, Patriarca di tutta la Rus’, ha reso alcune dichiarazioni sull’Occidente non piaciute. Esse sono, peraltro, molto simili a quelle di Aleksandr Isaevič Solženicyn, il dissidente autore di Arcipelago Gulag, esiliato nel 1974, vissuto in Svizzera e negli Stati Uniti d’America sino al 1994, allorché rientrò in Russia, scuotendosi i calzari. Subito s’è affermato che il Patriarca fosse un membro del Kgb e pertanto molto vicino a Vladimir Vladimirovič Putin, l’attuale presidente della Federazione Russa. Ciò a prescindere dalla storia della Chiesa patriarcale in età bolscevica e sovietica.
Durante un periodo tra il 25 gennaio 1721 e il 1917 la Chiesa Ortodossa Russa non elesse un Patriarca, ma fu governata dal Santo Sinodo, presieduto da un semplice Metropolita di Mosca, retta dallo Czar. Dopo Pietro il Grande, lo stesso, nella veste di Imperatore della Terza Roma, aveva rivendicato il suo ruolo di isoepiscopoaffermato da San Costantino il Grande – e ancor più dai suoi successori – per convocare e presiedere i concili. Vi rinunziò San Nicola II Romanov. Il 28 ottobre 1917, calendario giuliano, un Concilio (sabor) della Chiesa Ortodossa Russa elesse Patriarca Tichon. Montava la Rivoluzione bolscevica, il Santo Sinodo venne abolito il 6 aprile 1918. I Bolscevichi praticarono un marxismo fortemente ateo. Le chiese furono chiuse, demolite, trasformate in magazzini. Nel 1922 i sovietici, per demolire il Patriarcato, promossero lo scisma della Chiesa vivente. Il Patriarcato di Tichon fu un vero martirio. La cosiddetta Commissione straordinaria, la Čeka, famigerata polizia istituita nel 1917, controllò e perseguitò la chiesa patriarcale. Molti vescovi, preti, monaci vennero semplicemente eliminati o deportati. Il Patriarca Tichon si addormentò nel 1925 e un Sinodo non poté riunirsi per eleggere un nuovo Patriarca, ma la chiesa patriarcale riconobbe dei luogotenenti. Accettare di essere luogotenente, allora, volle dire candidarsi al martirio.
Una domenica, però, il Terzo Reich germanico nazional-socialista, assieme ad altre potenze dell’Asse, il 22 giugno 1941 attaccò l’Unione Sovietica ed essa era retta da Stalin, “uomo d’acciaio”, segretario del Partito Comunista dal 1922. Al secolo si chiamava Iosif Iosifovič Džugašvili, già studente alla Scuola Teologica Ortodossa di Gori dal 1888 al 1894, quando si diplomò, e poi iscritto dal settembre di quello stesso anno al Seminario Teologico Ortodosso di Tbilisi, dove però cominciò a frequentare gruppi comunisti clandestini della Transcaucasia. Quando l’Urss venne attaccata, gli alleati occidentali chiesero a Beppone Stalin se i russi avrebbero combattuto per lo Stato sovietico. Rispose che non l’avrebbero fatto per lui, men che meno per il comunismo. Avrebbero resistito, fino alla vittoria, per la Madre Russia. Della Nazione il cuore palpitante era quella chiesa perseguitata. L’ex seminarista lo sapeva bene. Perciò aveva lasciato riunirsi il Santo Sinodo per l’elezione di Sergio I, già innanzi luogotenente, a Patriarca, nel 1937. Pretese, però, di controllare strettamente l’attività della Chiesa patriarcale, e per farlo esigé che gli alti prelati fossero soggetti al Kgb. Dopo lo smembramento dell’Unione Sovietica, gli storiografi hanno potuto accadere agli archivi del Kgb e hanno constatato l’opera di difesa dei fedeli, della Chiesa, di monaci e prelati perseguitati compiuta da quei Patriarchi delle catacombe. Non un caso in cui abbiano “fatto la spia”: anche Kirill tra quanti hanno messo a rischio la propria vita fisica in quest’opera di difesa dei credenti e dell’Ortodossia.
Chi confonde ancora tra martiri e carnefici, nel migliore dei casi, è disinformato, nel peggiore è in malafede. Poi, nel merito, quelle accuse di corruzione dell’Occidente secolarizzato già espresse proprio da Sua Santità Kirill, ricevendo l’ambasciatore degli Stati Uniti d’America, il 17 novembre 2017, sono proprio tutte infondate?