di Michela Cilenti
"Rieducare e deucrainizzare il popolo anche attraverso i lavori forzati, reprimere gli atteggiamenti nazisti, censurare severamente, liquidare le élite e cambiare nome al Paese". Ecco in cosa consisterà - praticamente - la denazificazione dell'Ucraina secondo Ria Novosti. Il processo, spiega l'agenzia di stampa russa fedelmente allineata al Cremlino, durerà 25 anni.
Il 24 febbraio il Cremlino ha giustificato l'avvio dell'operazione speciale adducendo come motivazioni la neutralizzazione e la denazificazione dell'Ucraina. Se sulla prima non ci sono dubbi, la seconda invece di dubbi - oltreché di perplessità - ne solleva molti. E non solo da un punto di vista teorico, visto che i "nazisti" in Ucraina sono solo una delle tante voci politiche - e militari - del Paese, al pari della Russia. Nel 40/o giorno di guerra e di fronte al moltiplicarsi dei massacri compiuti dall'esercito russo sui civili, l'ansia di capire cosa voglia dire, materialmente, denazificare l'Ucraina cresce sempre di più. Se da un lato infatti, Mosca sembra determinata a procedere in quest'opera di denazificazione, Kiev e l'Occidente sono sempre più preoccupati di capire fin dove questa si spingerà. E quindi di fatto in cosa consisterà.
A fugare ogni dubbio è intervenuto su Ria Novosti lo scrittore e filosofo Timofey Sergeytsev che in un lungo editoriale spiega dettagliatamente cosa significa - nella pratica politica - denazificare l'Ucraina. Nel suo intervento - dal titolo abbastanza evocativo Cosa deve fare la Russia dell'Ucraina - Segreytsev descrive con una minuzia allarmante quali saranno i passi che Mosca dovrà compiere dopo "le inevitabili fatiche di una giusta guerra contro il sistema nazista". Innanzitutto, precisa l'autore dell'editoriale, la denazificazione dell'Ucraina riguarderà tutta la popolazione. Oltre alle élite, infatti, anche una parte significativa della massa della popolazione è "complice del nazismo". Sergeytsev li chiama "i nazisti passivi", ovvero nazisti inconsapevoli: tutti quegli ucraini che hanno appoggiato più o meno direttamente un governo che si è reso colpevole di "crimini di guerra contro il popolo russo". Alla luce di queste precisazioni, quindi, "la denazificazione consiste in una serie di misure dirette a quella massa di popolazione 'nazificata' - i cosiddetti nazisti passivi - che tecnicamente non può essere perseguita direttamente come criminale di guerra". Tutti gli altri, invece, ovvero quei nazisti attivi che hanno imbracciato fucili e kalashnikov, "dovrebbero essere annientati completamente sul campo di battaglia". Loro sono consapevolmente colpevoli del "genocidio" contro il popolo russo. "I criminali di guerra dei nazisti attivi - chiosa Sergeytsev - dovrebbero essere puniti in modo esemplare ed esponenziale".
Ora, è chiaro che questa operazione può essere effettuata soltanto dal vincitore. La Russia, infatti, è per sua stessa natura una "potenza antifascista". "Un Paese denazificato - secondo il filosofo - non può essere sovrano". Inoltre, "lo stato denazificante - la Russia - non può procedere da un approccio liberale", anche perché quella ucraina non è una forma "leggera" di nazismo, come potrebbe sembrare. Essa, piuttosto, è una forma di nazismo "mascherato" da "un desiderio di indipendenza" o da un percorso "europeo (occidentale e filoamericano) di sviluppo". Dopotutto, scrive ancora Sergeytsev, non esistono in Ucraina un partito nazista ufficiale, un Führer o una legge razziale a tutti gli effetti, anche se - precisa - esiste invece "la loro versione troncata sotto forma di repressione contro la lingua russa". Quello ucraino è quindi un nazismo libero da "strutture di tecnologia politica", ma non per questo meno pericoloso e insidioso. Anzi, questa sua "flessibilità" lo rende peggiore di quello di Hitler.
La denazificazione di questa massa di nazisti passivi consiste dunque "nella rieducazione, che si realizza attraverso la repressione ideologica degli atteggiamenti nazisti e in una severa censura: non solo nell’ambito politico, ma anche necessariamente nell’ambito della cultura e dell’istruzione”. Vista l'ampiezza e la portata dell'operazione, questa durerà almeno una generazione: 25 anni.
Sergeytsev però non si ferma qui, va oltre. Precisando che non può esserci una vera denazificazione senza una deucrainizzazione. "Il nome Ucraina non sembra poter essere mantenuto come il titolo di qualsiasi formazione statale completamente denazificata sul territorio liberato dal regime nazista". Per cui "la denazificazione è inevitabilmente anche una deucrainizzazione". L'Ucraina, infatti - spiega Sergeytsev - " come ha dimostrato la storia, diversamente dalla Georgia o i Baltici, non può funzionare come Stato nazionale". Tutti i tentativi di costruirne uno portano "naturalmente" al nazismo. Pertanto, “l’élite di banditi deve essere liquidata. La sua rieducazione è impossibile“, conclude Sergeytsev. Mentre "la palude sociale che la sostiene attivamente e passivamente deve sottostare alle durezze della guerra e digerire l'esperienza di una lezione ed espiazione storica".
L'etnocentrismo artificiale ucraino - prosegue ancora l'autore - "essendo uno strumento della superpotenza comunista, dopo la sua caduta non è rimasto senza proprietario". È passato - "in questa veste ufficiale" - ad un'altra superpotenza: quella occidentale. Deve perciò essere "restituito ai suoi confini naturali e privato della sua funzionalità politica". L'ucrainismo - continua ancora Sergeytsev - è una "costruzione artificiale antirussa priva di un vero contenuto di civilità", ma subordinato ad una civiltà alinea, ovvero quella europea. Pertanto, la denazificazione dell'Ucraina che è anche - come visto - la sua deucrainizzazione, diviene inevitabilmente anche una sua de-europeizzazione.
In tale prospettiva, solo la vittoria militare della Grande Russia sul regime nazista di Kiev condurrà alla liberazione dei territori della Molorossiya - la piccola Russia ovvero l'Ucraina - "dai sostenitori armati" dei nazisti, all’eliminazione degli "implacabili nazisti" e alla creazione di "condizioni sistemiche per la successiva denazificazione in tempo di pace”. Tra le condizioni necessarie indicate da Sergeytsev ci sono la “liquidazione delle formazioni armate naziste”, il “ritiro dei materiali didattici e programmi educativi di matrice nazista”, per i complici del regime nazista "lavori forzati per il ripristino delle infrastrutture distrutte come punizione per le attività naziste", le “azioni investigative di massa per stabilire la responsabilità personale per crimini di guerra, crimini contro l'umanità, diffusione dell'ideologia nazista e sostegno al regime nazista”, la creazione di "uno spazio informativo russo" che metta fine a quell'isolamento informativo cui è stata costretta la popolazione ucraina dal suo governo nazista oltreché di "organismi permanenti di denazificazione per un periodo di 25 anni“.
La Russia, in tale processo, deve assumere la sacra funzione di "custode del processo di Norimberga" ucraino. Ma - avverte Sergeytsev - nella sua missione di denazificazione la Grande Russia non avrà alleati. Questo "è un affare puramente russo". Del resto - connclude causticamente l'autore - ad essere sradicato non sarà soltanto l'ucrainismo nazista di Bandera, ma innanzitutto "il totalitarismo occidentale", ovvero quei "programmi imposti di degrado e disintegrazione della civiltà e i meccanismi di soggezione alla superpotenza occidentale".