di Antonio Saccà
Il vanto della democrazia, quali che siano le scelte e l’edificazione di una civiltà che si ferma allo stare insieme con la massiva tecnologia e l’adeguamento al cittadino medio-mediocre per averne il consumo-consenso costituiscono l’asse della nostra idea di democrazia, ma anche la catastrofe dell’era moderna democratica all’ammasso, la “dis-aristocrazia”. Non c’è il culto del superarsi, anzi l’avversione, per dire: tra qualche canzonettista e un Lieder-Romanza di Franz Schubert il pubblico, non il popolo che non c’è più, preferirebbe i canzonettisti. I mezzi di comunicazione di massa emettono quanto è acconcio alla massa e non vi è sforzo per stimolare oltre il “basso”.
Si dice: la cultura, l’arte di livello esigono persone adeguate. È inevitabile che quante non siano adeguate si contentino di qualsiasi manifestazione. Preoccupa non la consistenza del medio-mediocre ma l’inconsistenza dell’aristocrazia dello spirito. Il valorizzare la democrazia senza l’aristocrazia dello spirito: questo ci catastrofizza. La democrazia nella formulazione liberale, democrazia liberale, è selettiva: mette, dovrebbe porre tutti (o una gran parte) nella condizione di valere. Poi il valere, il valore, è personale, elettivo.
La coniugazione tra il possibile per tutti o il maggior numero e l’apprezzamento per chi vale: ecco la democrazia liberale, la libertà non è il poter scegliere e soltanto il poter scegliere ma la qualità della scelta, il merito, la conquista a cui si spinge la capacità dell’essere liberi, il “che fai con la libertà”, la potenza a cui dilati la tua libertà. Certo, si può anche essere liberipencolando da una poltrona a un divano, da un divano al letto, dal letto alla sedia e poi, stanchi, dormire.
Ma vi è un uso accrescitivo della libertà, un eroico furore, un conato, una insoddisfazione attiva, un tendere oltre sé in sé, un superarsi inappagato, una lotta contro il nulla e la morte per dar segno di vivere. Se le società non mantengono questo tipo di uomo, periscono stentarelle e a schiena curva. Mai. Non basta la democrazia se non vi è l’aristocrazia dello spirito quale ideale sociale. E dell’io. Non gonfiarsi di una libertà sterile.
Vengo alla cronaca. Attualizziamo quanto scritto. Perché la Russia ha moltissimi “simpatizzanti”? Ma perché è la Russia, non il suo presidente. Siamo pervenuti all’identificare la “civiltà” russa con il suo presidente, ostracizzando la civiltà russa. Ecco la prova di quanto può degenerare la democrazia, se perde l’amore per la civiltà ed è tronfia di essere e dirsi libera, senza riguardo di che mette in opera con la libertà. Dunque, perché molti non rinuncerebbero alla civiltà russa, a sentirla, viverla, farne sangue del pensiero?
Perché non potrebbero rinunciare alla morbosità di Fëdor Dostoevskij, alla poeticità romantica e ironica di Aleksandr Puskin, a Sergej Esenin, al magniloquente Vladimir Majakovskij, al malinconico Anton Cechov, al beffardo Nikolaj Gogol, all’imperiale Lev Tolstoj, al cinico Michail Lermontov. Ma dico a goccia, rivoli di oceani, e il cinema degli anni Venti, e i balletti, e i melodiosissimi musicisti pari agli italiani (la melodia è priorità degli italiani e dei russi, con apporti francesi, altri, i tedeschi hanno più armonia che melodia, dico approssimativamente), Pëtr Tchaikovsky, Aleksandr Borodin, Nicolaj Rimskij-Korsakov, Sergej Prokof’ev, il tragico Modest Mussorgsky, anche Dmitrij Shostakovich, Sergej Rachmaninov.
E poi le icone, le chiese ortodosse, le città sante e i Cremlini, i canti polifonici, i paramenti, storia dappertutto, civiltà ovunque, e un residuo contadino, che rammenta la natura. Perché vi è un sentire, un empito nei confronti della Russia? Ma perché la Russia è al di là di un suo presidente, è la Russia millenaria, europea totalmente quando pure avversa l’Occidente satanista, i russi dicono di noi, ci considerano corrotti, degenerati, materialisti. Ma quale che sia, sentiamo la Russia nostra, la Russia nel suo modo di essere europea, la Russia “estetica”, rustica, con il fazzoletto in testa. La Russia che canta melodiosamente a gola stesa, che danza sui tacchi, che legge sui metrò. La Russia coperta di neve, la Russia che spende per ridare festa di colori alle chiese.
Limitare la “questione” russa a un presidente e a una fase politica è sillabario mentale. Dovremmo tentare, al contrario, un ritrovamento dell’Europa. Pensate, una Europa comprendente la Russia. E chi ci sormonterebbe? Collaboriamo con paesi ben più autoritari della Russia. Paradossalmente, avversiamo meno la Cina della Russia. Strano. In ogni caso. Con la Russia non dovremmo avere un rapporto esclusivamente di guerra e limitarci all’intolleranza. Non reca vantaggio oltre la morte. Oso dire: salveremo l’Europa, se salviamo il rapporto con la Russia. Culturale ed economico. Non possiamo temere la connessione tra Russia e Cina se noi vi sospingiamo la Russia. Volere una Russia derelitta da noi e dalla Cina è troppo chiedere.
Se dovessimo dipendere dagli Stati Uniti, potrebbe recare qualche problema. Ipotizzare un mondo con vari soggetti, il soggetto Cina, il soggetto Europa, il soggetto Stati Uniti e soggetti sparsi. Il soggetto Europa comprendente la Russia è dannoso per noi? Certo, se però il “senza la Russia” cagiona la guerra con la Russia sarebbe dannosissimo non volere un accordo. Sono queste decisioni del “politico”. Ma coinvolgono anche il cittadino che si occupa di altro.
Sono decisioni di civiltà. La pongo chiaramente la questione: fino a che grado possiamo aderire al proposito degli Stati Uniti di indebolire la Russia? Che ne verrebbe all’Europa di una guerra intraeuropea? E potremmo limitare la guerra ai confini dell’Europa? È proibito, e da chi, un riaccostamento della Russia con l’Europa? Forse ancora non è chiaro: la Cina non consentirà che la Russia scenda sotto il dominio statunitense. Quindi la Russia non perderà.
Forse era opportuno “isolare” (tentare) la Russia dalla Cina, prima di fare gli antirussi. Sono discorsi logici, i politici hanno una diversa logica? Se vado in Russia mi sento in Europa, se vado in Cina mi sento in un altro mondo! Impressioni! Convivere è l’arte del vivere. Ma purtroppo vi è anche la necessità della sconnivenza. Purché sia anch’essa un’arte non un suicidio che voleva rendersi omicidio. Che squallore fare il proprio male cercando di fare l’altrui male!