di Marco Ferrari
Lui sì che è "Quasi una leggenda", come si intitola il nuovo disco di Shel Shapiro, l'ormai quasi eterno rocker del panorama musicale degli anni Sessanta, che nei decenni successivi ha lavorato con i grandi nomi della musica italiana come Mia Martini, Patty Pravo, Gianni Morandi, Mina, Raffaella Carrà, Riccardo Cocciante, Ornella Vanoni, Paco De Lucia, Luca Barbarossa ed Enrico Ruggeri. Arricchito dal libro omonimo, con alcuni scatti inediti del fotografo Guido Harari, il nuovo disco, edito dall'etichetta AzzurraMusic, è accompagnato dall'uscita in radio e in digitale del singolo "Angeli devastati".
Nel nuovo lavoro, che esce ben 14 anni dopo il precedente, oltre al singolo, ci sono i titoli già noti come "Non dipende da Dio", "Vedrai Jerusalem" e "La leggenda dell'amore eterno". Questa la tracklist completa dell'album: "Non dipende da Dio", "Hey guardami un po'", "You forgot to cry", "Angeli devastati", "I love walking in the rain", "La leggenda dell'amore eterno", "Vedrai Jerusalem", "Non arrenderti", "Troppa realtà", "C'est la vie", "Fa che sia così", "Next year in Jerusalem", "Se te ne vai". Il libro che lo accompagna, di 72 pagine, contiene i testi dei brani ed è impreziosito da 13 incredibili scatti del fotografo Harari, che ha curato anche la copertina del disco.
Shel Shapiro è un artista a 360 gradi: autore, arrangiatore e produttore, ma anche attore di cinema, televisione e teatro, testimone e protagonista delle trasformazioni culturali dagli anni '60 fino ad oggi. Nato nel 1943 in Gran Bretagna col nome di Shel Carson Combo da una famiglia ebrea di origini russe, riesce ad affermarsi in Italia nel periodo "beat" trasformando le sue canzoni nella colonna sonora di quella generazione. Il gruppo si chiamava The Rokes e accompagnava Rita Pavone nel suo spettacolo "Gian Burrasca". The Rokes, che si scioglieranno nel 1970, raggiungono il successo in Italia, vendendo più di 5 milioni di dischi e contendendo all'Equipe 84 e ai Camaleonti il titolo di principale band del beat italiano. Non a caso i concerti di Shel Shapiro, ancora oggi, riescono a catalizzare l'attenzione di un pubblico trasversale, dai ragazzi degli '60 alle generazioni del nuovo millennio.
Come attore ha recitato in progetti cinematografici e televisivi, tra cui spiccano "Brancaleone alle crociate" per la regia di Mario Monicelli (1970), "Rita, la figlia americana" (insieme a Totò), regia di Piero Vivarelli (1965), "Finalmente la felicità", regia di Leonardo Pieraccioni (2011), "Tutte le strade portano a Roma" ("All Roads Lead to Rome"), regia di Ella Lemhagen (2015), "La verità sta in cielo", regia di Roberto Faenza (2016), "Ti presento Sofia", regia di Guido Chiesa (2018), "Eldorado", regia di E. Galtafoni (2001), "Capri 3" (2010) e "Il restauratore 2", serie TV (2014). Alla veneranda età di 78 anni, Shel non smette di stupire.
«Il titolo del disco – sostiene - è un modo per essere spiritoso. Viviamo in un mondo di miti, in cui la gente vuole dei supereroi, forse per combattere la normalità che ci accomuna. Ma volevo smitizzare questi aggettivi di potenza. La leggenda, forse, sta nell'avere determinazione». Nel disco ci sono pure le voci di Dori Ghezzi, sempre restia a riprendere la sua attività di cantante e dell'attrice napoletana Lina Sastri. «Qualche anno fa stavo lavorando a uno spettacolo teatrale che poi non è andato in porto e una delle canzoni originali era questa "Non arrenderti". Non so perché ho chiesto a Dori di cantarla, ma siamo amici da 50 anni e ha accettato. Negli anni Settanta avevo scritto "Era" con cui lei e Wess andarono all'Eurovision. Lei canta benissimo. Quando hai vissuto esprimi verità e consapevolezza con la voce».
Ripensando ai suoi anni d'oro, Shel sottolinea come «non è mai stato facile per i gruppi. Nel dna italiano c'è qualcosa della storia dell'opera, c'è il grande tenore o il soprano. Tutti i gruppi sono figli dei Beatles e dei Rolling Stones, loro hanno mostrato che era possibile che una rockstar fosse fatta di quattro persone insieme. È il Brit rock che ha cambiato le cose. Ricordo quando suonavamo a Londra, nei locali di Carnaby Street prima che diventasse la Carnaby che conosciamo. Beatles e Stones erano già lì». Rimpianti per Shel alla sua veneranda età da pensionato che non smette di creare? «Chi si siede sugli allori è andato in pensione mentalmente e lo trovo di una tristezza totale. Io faccio molta fatica a pensare di vivere del passato, certo ai concerti mi chiedono "È la pioggia che va" o altri pezzi vecchi e io li faccio, ma non c'è niente di più bello di dire "ho una canzone nuova". Così stai andando avanti con la testa e partecipi attivamente alla vita».