Franco Esposito
La mano de Dios e la Maglia de Dios. Quella del gol furbissimo, segnato con un tocco di pugno all'Inghilterra ai campionati del mondo in Messico, quel pomeriggio dell'Ottantasei. La beffa del superman del pallone agli odiati inglesi. Ricorderete certamente il motivo dell'avversione di Diego nei confronti dei britannici invasori delle Malvinas, che gli inglesi chiamano Falkland, Il gruppo di isole contese tra Argentina e Inghilterra. Quattro anni prima, nell'Ottantadue, c'era stata una guerra per il controllo di qualche isola.
Un'atroce beffa quel gol chiaramente di mano. Un grande impensabile sfizio e la vendetta servita fredda nel caldo opprimente della capitale messicana ad una altura che toglie il respiro a chi non è abituato a quelle grandi altezze rispetto al livello del mare. Una goduria, per Diego e l'Argentina, non solo di quella del calcio.
Sembrava sparita, persa, finita chissà dove, la Maglia de Dios, testimonianza del giorno dei giorni, il 22 giugno 1986, Diego, di gol, ne fece oltretutto due, condannando gli inglesi all'eliminazione dal Mondiale. Partita dei quarti di finale. Un pomeriggio storico allo stadio Azteca di Città del Messico, il momento più alto della competizione. Bene, quella maglia non era sparita. L'ha custodita gelosamente per trentasei anni un calciatore inglese in campo quel giorno. “Un onore averla ricevuta da Diego”, rivela Steve Hodge, centrocampista della nazionale, titolare di un'onesta carriera. Nato a Nottingham, la città di Robin Hood, compirà sessant'anni a ottobre. E quel giorno sciagurato, esattamente nefasto per la nazionale di calcio inglese, Hiodge e Maradona si scambiarono la maglia a fine partita, che ebbe oltretutto il privilegio di contenere il gol del secolo. Autore sempre lui, l'incredibile Diego, lo slalom o serpentina a seminare quattro avversari e il portiere partendo al di là della linea di centrocampo, Sessana metri col pallone incollato al magico piede sinistro, il fantastico zig-zag, un'autentica gimkana, il portiere Shilton messo a sedere, uccellato, e il pallone depositato in rete con tocco lieve. E anch'esso beffardo, se vogliamo. La sequenza verrà riportata fedelmente da Manu Chao all'inizio della canzone Santa Maradona. Quei cinque minuti che hanno cambiato una partita di calcio e talvolta possono mutare anche una vita.
Ma la notizia è questa: quasi trentasette anni dopo, la Maglia de Dios va all'asta. Prezzo base di partenza cinque milioni di euro. Va all'asta quella maglia storica, simbolo di estro, furbizia, imbroglio, ai tempi in cui il Var ancora non esisteva. E nessuno pensava che un giorno il progresso tecnologico potesse fare il suo ingresso in uno stadio di calcio.
Un uomo solo al comando di una squadra, Diego, l'incredibile Maradona beffardo anche a fine partita. L'hai fatto di mano il gol? E lui: “Un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios”.
Una dichiarazione che nessuno ha mai dimenticato. É entrata nell'ultimo film di Paolo Sorrentino, appena uscito sconfitto nella partita per l'aggiudicazione dell'Oscar del cinema. Il titolo del film è appunto “E' stata la mano di Dio”. Una scena descrive bene il trasporto con cui a Napoli, quel pomeriggio estivo di trentasei anni fa, i fan di Diego si piazzarono davanti al televisore per seguire la doppia impresa del loro idolo indiscusso, Il Fenomeno rimase a Napoli dal 1986 fino al 1991, quando fu squalificato per doping, Con le sue prodezze indirizzò la squadra verso la conquista di due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e la Coppa Uefa 1989.
Da un anno e mezzo Diego non è più tra noi. L'hanno lasciato morire come un barbone il 25 novembre 2020, a sessant'anni, vittima probabilmente di svariati tentativi di circonvenzione. Abbandonato a se stesso, sepolto dopo che gli è stato espiantato il cuore, mentre proseguono irreparabili le liti, le polemiche, le minacce, le dispute di avvocati e le pronunce dei magistrati. L'orribile partita per l'eredità.
E ora la storia e la bellezza della Maglia de Dios, riapparsa dopo trentasette anni, liberata dall'oblio dall'annuncio della ricca asta. Per Steva Hodge è come vincere la Lotteria di Capodanno. Definirlo fortunato è un semplice eufemismo, cinque milioni di euro sono tanti soldi soldi. E e veri.
Good luck, mister Hodge.