Dopo l’aggressione della Russia all'Ucraina, Finlandia e Svezia hanno deciso di chiedere l’ingresso nella Nato, abbandonando la loro storica neutralità.
In Finlandia, Paese che condivide migliaia di chilometri di frontiera con la Russia, il governo della premier Sanna Marin sta per pubblicare un Libro bianco sulla sicurezza del Paese in cui si trarranno le conseguenze di quanto sta avvenendo in Ucraina.
Commissionata all’inizio di marzo, la revisione strategica è il punto di partenza di un dibattito che arriverà in Parlamento e durerà diverse settimane, in un momento in cui la questione si pone in termini simili anche per la vicina Svezia, anch’essa militarmente non allineata come la Finlandia. “Avremo discussioni molto approfondite ma non ci prenderemo più tempo del necessario”, ha annunciato venerdì Sanna Marin. “Penso che termineremo entro la fine di giugno”.
Secondo l’ex premier Alexander Stubb, “la candidatura verrà presentata ad un certo punto a maggio” per consentire al vertice Nato in programma a Madrid alla fine di giugno di prendere una decisione.
Nelle ultime settimane Helsinki ha intensificato le consultazioni con quasi tutti i 30 membri dell’Alleanza. Assieme alla Svezia, la Finlandia ha ottenuto chiare rassicurazioni dal segretario generale Jens Stoltenberg sul fatto che le porte sono aperte.
Di fronte alla tragedia ucraina, l’opinione pubblica finlandese – tradizionalmente scettica – spinge adesso per una rapida adesione all’Alleanza con una percentuale di favorevoli del 60%, il doppio rispetto agli ultimi mesi (solo il 20% continua a dirsi contrario).
E anche in Parlamento, sebbene non tutti si siano espressi, sta emergendo una netta maggioranza atlantista.
Mosca, che ufficialmente ha giustificato l’invasione dell’Ucraina proprio con la minaccia esistenziale posta da un allargamento della Nato, minaccia regolarmente Helsinki e Stoccolma di “gravi conseguenze politiche e militari” se si unissero all’Alleanza, un monito ripetuto nelle ultime settimane.
Lo stesso presidente finlandese Sauli Niinistö ha recentemente riconosciuto che ci sarà da attendersi una risposta “dura” da parte della Russia: non a caso i siti web del governo sono già stati presi di mira da attacchi informatici nell’ultima settimana.
E la risposta russa non si è fatta attendere. “Un ulteriore allargamento della Nato non contribuirà alla sicurezza nel continente europeo”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, in relazione ai progetti di Svezia e Finlandia di entrare nell’Alleanza atlantica.
Comunque, se il supporto della Turchia all’adesione della Finlandia sembra acquisito, resta un punto interrogativo l’Ungheria di Viktor Orban.
Secondo il ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavisto, ci potrebbero volere dai quattro ai dodici mesi per finalizzare il tutto: la procedura ha richiesto 13 mesi per la Macedonia del Nord, l’ultimo Paese ad essere entrato nel marzo 2020.
Sulla carta, la Finlandia (5,5 milioni di abitanti) è un candidato perfetto, potendo contare su un numero record di riservisti proprio a causa della vicinanza con l’orso russo. “Possiamo mobilitare tra 280.000 e 300.000 uomini e donne in pochi giorni”, ha fatto sapere Stubb.
Dopo aver ordinato 64 F-35 americani alla fine del 2021, il Paese ha appena fatto registrare un incremento record del 40% nel suo budget militare entro il 2026 e sarà ben al di sopra del 2% del Pil raccomandato dall’Alleanza.
Ex granducato russo fino all’indipendenza nel 1917, la Finlandia fu invasa dall’Unione Sovietica nel 1939, in una guerra durata mesi e segnata da una resistenza eroica contro l’aggressore.
Al termine del conflitto mondiale e durante tutta la Guerra Fredda, Helsinki fu sottoposta ad uno status di neutralità forzata, una “finlandizzazione” appunto durata fino agli anni ’90, quando il Paese è entrato a far parte dell’Ue e si è progressivamente avvicinato come partner alla Nato. Ora la possibile, anzi probabile svolta.