di Mauro Suttora
Finché i talk tv invitavano personaggi pittoreschi, pazienza. Da Mauro Corona in su, pare che il folklore faccia audience. E quindi avanti con gli Orsini, le De Cesare, i Freccero. Per alcuni putiniani può starci l'insinuazione o illazione che non lo facciano totalmente gratis, come il figlio del leggendario Teti editore filosovietico del Calendario del popolo. Ma è dura trovare contraddittori seri per i dibattiti sull'Ucraina. Al massimo ci si può adagiare su anti-Usa automatici come Vauro, o su anti-Nato di nuovo conio come Travaglio. Insomma, capiamo la difficoltà di chi deve assicurare scintille allo spettacolo del circo tv, senza scivolare completamente nello zoo.
Era quindi sembrata un'ottima idea invitare giornalisti russi, per assicurare un contraddittorio. Perciò l'ottima Gruber si è lanciata in collegamenti con Mosca, e ci sono apparse le facce di croniste anche spigliate, senza la "lingua di legno" degli apparatchik governativi. Lilli all'inizio era cordiale, forse in omaggio a una certa sorellanza femminista: "Diamoci del tu, siamo colleghe". Il problema è che loro, quando hanno cominciato a parlare, hanno subito smentito una qualsiasi colleganza. Si sono lanciate nella più pura e noiosa propaganda di regime, senza una minima sbavatura rispetto alle veline del portavoce Peskov. Anzi, è già tanto che non abbiano precisato: "Non mi dia del tu, altrimenti finisco in Siberia". Gruber si innervosiva durante i loro comizi, e ha cominciato a trattarle male. Ma cosa aspettarsi da una 'giornalista' della tv del Cremlino Rt (Russia Today), e poi da un'altra che addirittura lavora per il giornale dell'esercito russo? Sarebbe come aver preteso un commento eterodosso dal direttore del Telegrafo dei Ciano sotto il fascismo, o da un qualunque cronista cinese o nordcoreano. Impagabili poi i 'sorrisetti', quelli che Crozza/De Luca imputa ai radicali chic. Mentre gli ospiti in studio rispondevano alle loro panzane, le giornaliste di Putin sfoderavano smorfie sarcastiche, scuotendo la testa meglio di uno Scanzi.
Insomma, a 'Otto e mezzo' si sono accorti della impossibilità di promuovere a commentatrici ascoltabili delle funzionarie di regime. Così ieri sera finalmente hanno invitato una giornalista russa, ma vera: Zoja Svetova, della Novaya Gazeta. L'unico quotidiano indipendente, quindi chiuso da tre settimane. Il suo direttore è premio Nobel per la pace, una sua collega era Anna Politkovskaya, fatta assassinare da Putin nel 2006. E naturalmente Zoja ci ha fatti tornare alla realtà. Ha detto che i sondaggi sulla pretesa popolarità di Putin in Russia sono falsi, "perché nessuno sotto un regime osa dire la verità sul governo". E che l'ucraino Zelensky le sembra un presidente ottimo e coraggioso, in sintonia con il suo popolo. Poi ho cambiato canale, e sono capitato su Margelletti di 'Porta a porta'. Chiaramente un tifoso dell'Occidente (anzi, cominciamo a chiamarlo mondo libero, visto che libere democrazie come Giappone, Corea del Sud, Taiwan o Filippine stanno anche in estremo Oriente). Ma è stato liberatorio sentire Margelletti rispondere così a Vespa, che gli chiedeva di "spiegare le due versioni" sull'affondamento della nave russa: "Non esistono due versioni. C'è la versione di Putin, e poi c'è la verità". Più binario di così.