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di Stefano Casini

Per avere la pensione indiretta di reversibilità il dante-causa deve soddisfare un minimo requisito contributivo, anche se, per chi non lo raggiunge c’é un’alternativa.

Alla morte del pensionato la pensione che lui incassa si trasforma viene trasformata in penzione di reversibilità,  riconosciuta anche ai superstiti. Nel caso che il lavoratore non sia ncora in pensione, la pensione che questo ha maturato al momento della sua morte puó essere girata ai superstiti (é meglio definire questa come pensione indiretta).

Questo succede soltanto nel caso che l’interessato abbia raggiunto un certo numero di anni di contributi, affinché possa esserci il riconoscimento di una pensione indiretta per i superstiti dell’assicurato..

Non è possibile ottenere una pensione indiretta nel caso che l’assicurato avesse maturato un numero di contributi inferiore rispetto a quanto stabilito dalla normativa.

Pensione di reversibilità: quanti contributi sono necessari

Nel caso che la persona deceduta sia un lavoratore non ancora pensionato, si valuterá la propria anzianità contributiva per stabilire se i superstiti hanno diritto o meno alla pensione. Chiarissimo che questa non spetta ai defunti che non hanno versato i contributi.

Secondo la normativa, la pensione indiretta di reversibilità viene riconosciuta solo a chi ha versato un numero di contributi:

  • ï15 anni di anzianità assicurativa e contributiva;
  • ï5 anni i anzianità assicurativa e contributiva di cui almeno 3 anni nel quinquennio precedente alla data della morte.

 Se il defunto non soddisfa le condizioni per dar luogo alla pensione indiretta, nel caso che l’assicurato muoia mentre ancora lavora e abbia un’anzianità contributiva tale da permettergli di accedere a una pensione, i pochi contributi versati all’Inps non vanno persi.

Pensione di reversibilità senza contributi: cosa spetta

Per l’assicurato con meno di 15 anni di contributi, o con meno di 5 anni dei quali, almeno 3, negli ultimi 5 anni, per il quale non scatta il diritto alla pensione indiretta, quella poca contribuzione versata non va comunque persa in quanto i superstiti possono accedere all’indennità di morte.

Per calcolare s e quanto spetta andiamo al dettaglio:

  • ïregime retributivo o misto, ossia per gli assicurati già prima del 1° gennaio 1996: l’importo dell’indennità di morte è pari a 45 volte l’ammontare dei contributi IVS versati in favore dell’assicurato, nel limite minimo di 22,31 euro e di massimo 66,93 euro. In questo caso il diritto all’indennità di morte è riconosciuto se nei 5 anni antecedenti alla data della morte dell’assicurato, in favore di questo, risulti essere accreditato almeno un anno di contribuzione. Tale prestazione spetta al coniuge superstite dell’assicurato per il quale non sussiste il diritto alla pensione indiretta. In mancanza del coniuge tale assegno spetta ai figli;
  • ïregime contributivo, ossia per gli assicurati successivamente al 1° gennaio 1996: in questo caso l’indennità di morte ha il valore dell’assegno sociale moltiplicato per il numero di anni di contributi del dante causa. Per avere diritto all’indennità di morte l’erede deve avere un reddito inferiore alle soglie annualmente previste per beneficiare dell’assegno sociale; l’erede non puó percepire rendite per infortunio sul lavoro o malattia professionale. In questo caso l’importo dell’indennità viene suddiviso tra i superstiti seguendo le stesse regole previste per la ripartizione della pensione indiretta di reversibilità.

L’indennità di morte viene calcolata sull’ammontare dei contributi nell’Ago (assicurazione generale obbligatoria), come pure nelle forme ad esse esclusive, esonerative o sostitutive.

Nei due casi bisogna presentare domanda per l’indennità di morte:  mentre per gli assicurati che rientrano nel regime di calcolo misto o retributivo c’è un periodo di un anno morte per avanzare richiesta, nel caso dei contributivi puri la richiesta dovrá essere avanzata entro 10 anni dalla morte.

STEFANO CASINI