La conversazione in chat intercettata tra i due giovani sposi russi, lui in armi lei a casa, sembrava troppo crudele per essere vera, l'ennesimo frutto avvelenato dell'inevitabile guerra di propaganda. "Va' e stuprale, ma non raccontarmi niente", scrive Olga Bykovskaya al marito Roman, 26 anni.
Sì, è quello che abbiamo capito. Invitava il maritino a violentare le donne ucraine, con la sollecitudine di una mogliettina amorevole e prudente ("prendi precauzioni, usa il preservativo mi raccomando").
I due hanno un figlioletto di 5 anni. Sono originari della provincia russa di Orël, lungo la direttrice Mosca–Kharkiv, dal 2018 vivono in Crimea. La conversazione è stata intercettata il 12 aprile scorso dai servizi segreti ucraini. Per questo destava qualche giustificabile sospetto.
Il team di giornalismo investigativo della piattaforma anti governativa russa Radio Svoboda, invece, ha seguito le tracce telefoniche, è andato a verificare. Purtroppo è tutto vero. Anche la sorpresa di Roman, impegnato lungo la linea del fronte ucraino a Kherson: "Ma davvero posso?".
Si devono dunque aggiornare i cataloghi della crudeltà umana e dell'assuefazione al veleno propagandistico di Stato. Il rischio più grande ora – ma un giornale non può esimersi dal riferire i fatti – è farne un caso esemplare, un punto di appoggio critico per giudicare tutti i russi. Restano quelle frasi ignobili, restano le foto di quei due sposini dall'aria ingenua e sorridente.