Guerra, guerra e ancora guerra. Quello che sta accadendo in Ucraina, per mano dell’offensiva cominciata oramai due mesi dalla Russia, è davvero un male che altro non può che portare sventure su sventure. E non potrebbe essere altrimenti, ovviamente. Certo, quotidianamente si piangono vittime innocenti, come i civili e i bambini che altro non vorrebbero che vivere in pace. Ma lo scontro alle porte dell’Europa porta solamente svantaggi su svantaggi.
E ieri la segretaria al Tesoro americana Janet Yellen ha lanciato un allarme mondiale: la crisi alimentare mondiale, sulla scia dalla guerra in Ucraina, potrebbe far scivolare in povertà oltre 10 milioni di persone. E quindi la politica a stelle e strisce ha esortato a un'azione forte per far fronte all'emergenza. La Yellen ha chiesto agli alleati e ai partner degli Stati Uniti, ma anche alle istituzioni finanziarie internazionali, di agire contro il caro-prezzi alimentare. “Dieci milioni di persone potrebbero scivolare in povertà solo a causa dell'aumento dei prezzi alimentari”, ha spiegato la segretaria che parlando a un evento organizzato a margine degli ‘Spring Meetings’ di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, ha detto che è necessario “evitare le restrizioni alle esportazioni, che potrebbero far aumentare ancora i prezzi, sostenere le popolazioni più vulnerabili e i piccoli agricoltori”.
Intanto, sempre dagli Usa, arriva un’altra brutta notizia economica. A comunicarla, il Fondo monetario internazionale che ha rivisto al ribasso di 0,8 punti, al 3,6%, le stime sulla crescita globale del pil 2022 per effetto dell’aumento dei prezzi delle materie prime ulteriormente spinti dalla guerra in Ucraina. Tagliate le stime di crescita 2022 e 2023 per l'Italia, ma non solo. Dopo il +6,6% del 2021, si prevede che il Pil del Paese aumenterà quest'anno del 2,3%, cioè 1,5 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio. Per il 2023 la crescita è attesa all'1,7%, 0,5 punti in meno.
Secondo l'Fmi, l'Italia e la Germania sono i due Paesi dell'area euro che hanno subito le maggiori revisioni al ribasso in seguito alla “maggiore dipendenza” dall'energia russa. Per gli Usa, infatti, la variazione non è così significativa (-0,3 punti a +3,7% per quest'anno). E anche la Cina, nonostante le difficoltà dei lockdown, scende di 0,4 punti al +4,4%: un obiettivo comunque ben lontano dal +5,5% indicato dal governo di Pechino.