di Juan Raso
Per migliaia di lavoratori, questi giorni di aprile e il mese prossimo significheranno il ritorno al lavoro presenziale. Penso a grandi settori della pubblica amministrazione, la docenza, le comunicazioni, i servizi finanziari e tante altre aziende, che in tempi di pandemia, avevano trasferito le attivitá a postazioni remote, in genere nel domicilio del lavoratore. Quindi se due anni fa la sfida fu quella di riorganizzarsi con lo smart work (anglicismo che in Italia indica il telelavoro), oggi quelle stesse strutture devono gestire il ritorno in ufficio.
Sul telelavoro si è parlato molto e si sono esposte molte critiche per gli effetti che questa modalitá ha sulla salute e le abitudini delle persone. Ma é pur vero che per molti lavoratori - ed in specie, lavoratrici – il telelavoro ha consentito una maggiore conciliazione della vita lavorativa e familiare. Mi riferisco in particolare alle lavoratrici, perché è evidente che continuiamo a vivere in una societá patriarcale, in cui le donne accumulano il lavoro d’ufficio, a quello della casa. Inoltre una fascia ogni giorno piú ampia è composta da famiglie monoparentali con a capo una donna.
La questione da porsi é come reagiranno i lavoratori, i sindacati, le aziende, lo stesso Stato di fronte al ritorno in massa in ufficio. Riproduciamo il modello di lavoro del passato o due anni di emergenza (un periodo troppo lungo, che ha modificato le nostre abitudini) hanno cambiato qualcosa, anche nel mondo del lavoro? Coincido con l'affermazione del quotidiano La Repubblica: “L’Hybrid work è la soluzione per il post-pandemia”. Aggiunge il quotidiano: “Dopo due anni di smart working non si tornerà da un giorno all’altro alla vita lavorativa di prima. La situazione è molto complessa e il Covid ha introdotto numerose variabili che prima non esistevano o esistevano solo in potenza e non declinate nella realtà. I lavoratori hanno per esempio scoperto che un migliore rapporto fra tempo libero e lavoro è possibile, ben al di là di quanto pensavano in epoca pre-Covid; allo stesso tempo hanno però visto quanto possa essere invasivo il lavoro svolto direttamente fra le quattro mura domestiche. Le aziende, per parte loro, hanno dovuto fare i conti con difficoltà di coordinamento fra dipendenti che non si incontrano fisicamente fra loro, ma hanno anche avuto benefici in termini di riduzione dei costi”.
Quindi la soluzione piú razionale parrebbe essere il lavoro ibrido, cioé l’alternanza di lavoro in ufficio con lavoro remoto: tre o quattro giorni in ufficio e uno o due in casa. Secondo l'amministratore delegato e direttore generale di Telecom Italia, Luigi Gubitosi, "bisognerà trovare un equilibrio tra smart working e lavoro in ufficio", mentre l’ex Ministro del Lavoro e Presidente del Cnel Tiziano Treu aggiunge: “Decine di accordi imboccano la strada di mescolare remoto e presenza, perché il lavoro ibrido é un modello che funziona". Nel settore finanziario – punta di diamante del lavoro a distanza – ormai giá sono avviati accordi collettivi che consentono ai dipendenti lavorare fino a dieci giorni al mese da casa.
L’esperto belga in relazioni industriali Pieter Nobel ha detto a La Repubblica che “Le imprese stanno reinventando il luogo di lavoro per adattarlo al Futuro del lavoro e stanno implementando modifiche negli uffici, che possono essere moderate oppure significative. Questi cambiamenti vanno dalla ristrutturazione degli spazi di lavoro in un’ottica di maggiore collaborazione fino all’apertura di nuove strutture. La chiave del successo sta nella giusta combinazione di coinvolgimento dei dipendenti con un obiettivo collettivo, prestando allo stesso tempo attenzione alle preferenze individuali”.
Finita la pandemia, il lavoro cambierá? Diventerá piú flessibile e consentirá soluzioni vincenti per lavoratori e aziende? Non é facile una risposta generale, ma é vero che nelle attivitá di alta tecnologia, dove é possibile il lavoro ibrido, la nuova modalitá sì imporrá, perché il rischio degli imprenditori sará quello di perdere lavoratori di talento.
Quinti punto sulle soluzioni ibride, nella misura in cui il lavoratore puó organizzare meglio i suoi tempi, mentre allo stesso tempo la modalitá favorirà quelle aziende che hanno sviluppato con successo i loro prodotti nella dimensione digitale. Quindi, una nuova sfida in cui si gioca il futuro imprenditoriale e la qualitá di vita dei lavoratori. In questo evolversí – e scusate il riferimento al grande Totó – “chi si ferma, é perduto!”.