"Vediamo che la Russia non ha raggiunto gli obiettivi che si è posta". E dunque ora “la strategia è una massiccia pressione sulla Russia e un massiccio sostegno per l'Ucraina”. Così il segretario di Stato Usa Anthony Blinken detta la linea agli alleati per la fase 2 del conflitto con la Russia. Blinken parla in conferenza stampa in un luogo segreto vicino il confine polacco, dopo essere stato da Zelensky a Kiev insieme al capo del Pentagono Lloyd Austin. Più armi, con mezzi pesanti che un mese fa non venivano messi nel conto, che sanzioni, le cui ricadute economiche preoccupano pure Washington: è questa la posizione che domani Blinken e Austin spiegheranno agli alleati che hanno accettato l’invito a partecipare ad un vertice per tutti i versi inconsueto. Si terrà a Ramstein, base aerea statunitense in Germania. Servirà a fare una lista degli armamenti per Kiev, a disegnare il futuro di una guerra che a Washington immaginano lunga.
Non si tratta di un vertice Nato, tanto più che non si tiene in una base Nato bensì Usa. E non scaturiranno decisioni di ambito Nato, spiegano fonti Ue. Il punto è sempre lo stesso: inviare armi in Ucraina da parte di paesi dell’Alleanza o partner dell’Alleanza, senza che l’Alleanza sia coinvolta direttamente. Ma ora c’è un upgrade in vista. Il fatto che i russi si siano ritirati da Kiev senza conquistare la città e la resistenza delle forze ucraine hanno convinto gli americani di poter vincere la guerra impedendo anche la conquista del Donbass da parte di Putin. O almeno è quanto arriva da Washington a giustificare la nuova strategia degli Usa di rincarare la dose di aiuti militari per Kiev. L’alleato Boris Johnson, per dire, la pensa un po’ diversamente: qualche giorno fa in visita in India il premier britannico ha ammesso che “la Russia potrebbe vincere la guerra”.
A maggior ragione, il vertice di domani servirà a fare chiarezza e diradare anche le nubi sull’unità degli anti-Putin. Per giunta, il summit si tiene proprio in Germania, protagonista di un discusso dietrofront sull’invio di armi pesanti in Ucraina. Il cancelliere Olaf Scholz, contrario, è molto criticato anche in patria. Oggi la Rheinmetall, casa produttrice dei 100 carrarmati Marder richiesti da Kiev, sollecita il governo a prendere una decisione ufficiale: insomma, li possiamo esportare oppure no? Polemica che dà il senso delle pressioni dell’industria bellica tedesca sul governo.
Ma prossimamente una polemica del genere potrebbe deflagrare anche in altri paesi del blocco anti-russo. Anche in Italia, dove il governo si appresta a preparare un terzo decreto sull’invio di armi in Ucraina. Non c’è una ‘lista della spesa’ ufficiale ma secondo le indiscrezioni si potrebbe trattare di missili anticarro Spike e mitragliatrici Browning.
Insomma, è passato il tempo in cui Washington diceva no alla Polonia che voleva inviare i Mig-29 in Ucraina. Adesso, dopo due mesi di guerra, non solo Washington è decisamente morbida sull’invio di aerei alla resistenza ucraina (sembra stiano arrivando in paese da assemblare e non direttamente dagli Usa ma da uno Stato terzo ancora ignoto). Ma, secondo fonti dell’amministrazione Usa sentite dal Financial times, ogni giorno, da otto a 10 voli cargo, la maggior parte operati dagli Stati Uniti, atterrano vicino ai confini occidentali dell’Ucraina, trasportando armi sempre più pesanti per un valore di centinaia di milioni di dollari. In più, soldati americani sono impegnati nell’addestramento degli ucraini su suolo europeo, secondo il Times i britannici lo starebbero facendo addirittura nella stessa Ucraina. Ancora: gli Usa hanno inviato sistemi Patriot in Slovacchia per permettere al governo di Bratislava di inviare il suo sistema di difesa aerea S-300 in Ucraina. Con Zelensky, Blinken e Austin hanno discusso degli ulteriori 700 milioni di aiuti Usa per l’Ucraina. Finora Washington ha impegnato circa 1,6 miliardi di dollari dei 3,4 miliardi di aiuti letali promessi all’inizio dell’offensiva.
Più armi nella convinzione di poter battere Putin e prevenire altre guerre, questa è la ricetta Usa. Con le sanzioni meglio fermarsi qui per ora. L’embargo sul petrolio, ipotizzato fino alla settimana scorsa da parte dell’Unione Europea, sembra destinato a non concretizzarsi questa settimana nemmeno nella sua forma più blanda, la più probabile per superare il veto dell’Ungheria e le richieste della Germania e dei paesi più legati a Mosca. La riunione degli ambasciatori dopodomani a Bruxelles non tratterà la questione, rinviata alla prossima settimana. L’embargo sul gas poi non è proprio all’orizzonte, per i no tedeschi soprattutto. Il punto è che le sanzioni mirate a bloccare le importazioni di energia dalla Russia preoccupano non solo gli Stati Ue ma anche gli Usa, che temono ripercussioni economiche di livello globale.
Da domani la guerra in Ucraina potrebbe assumere un’altra forma, mentre le nazioni dell’occidente cercano di riorganizzare la loro presenza nella parte ovest del paese. Sarà Bridget Brink la nuova ambasciatrice Usa in Ucraina, appena nominata da Joe Biden. Da parte sua l’Ue tenta di sfilare l’India all’influenza russo-cinese. Ursula von der Leyen sente il primo ministro indiano Narendra Modi con cui decide di avviare “il Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-India”, puntando ad “accordi commerciali e di investimento globali”. Finora l’India si è astenuta in sede Onu contro la Russia, insieme a Cina, Sudafrica e altri paesi. Domani il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres sarà a Mosca da Putin. Oggi ha visto Erdogan ad Ankara: “Obiettivo comune: porre fine alla guerra il prima possibile e creare le condizioni per porre fine alle sofferenze dei civili”.
Più armi nella convinzione di poter battere Putin e prevenire altre guerre, questa è la ricetta Usa. Con le sanzioni meglio fermarsi qui per ora. L’embargo sul petrolio, ipotizzato fino alla settimana scorsa da parte dell’Unione Europea, sembra destinato a non concretizzarsi questa settimana nemmeno nella sua forma più blanda, la più probabile per superare il veto dell’Ungheria e le richieste della Germania e dei paesi più legati a Mosca. La riunione degli ambasciatori dopodomani a Bruxelles non tratterà la questione, rinviata alla prossima settimana. L’embargo sul gas poi non è proprio all’orizzonte, per i no tedeschi soprattutto. Il punto è che le sanzioni mirate a bloccare le importazioni di energia dalla Russia preoccupano non solo gli Stati Ue ma anche gli Usa, che temono ripercussioni economiche di livello globale.
Da domani la guerra in Ucraina potrebbe assumere un’altra forma, mentre le nazioni dell’occidente cercano di riorganizzare la loro presenza nella parte ovest del paese. Sarà Bridget Brink la nuova ambasciatrice Usa in Ucraina, appena nominata da Joe Biden. Da parte sua l’Ue tenta di sfilare l’India all’influenza russo-cinese. Ursula von der Leyen sente il primo ministro indiano Narendra Modi con cui decide di avviare “il Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-India”, puntando ad “accordi commerciali e di investimento globali”. Finora l’India si è astenuta in sede Onu contro la Russia, insieme a Cina, Sudafrica e altri paesi. Domani il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres sarà a Mosca da Putin. Oggi ha visto Erdogan ad Ankara: “Obiettivo comune: porre fine alla guerra il prima possibile e creare le condizioni per porre fine alle sofferenze dei civili”.