di Matteo Forciniti
Sembra che sia caduto il silenzio sul caso di Luca Ventre, il connazionale morto il primo gennaio dello scorso anno in circostanze misteriose dopo aver scavalcato il cancello dell’Ambasciata italiana a Montevideo. Seppur con grande stanchezza, i familiari continuano a insistere nella doverosa richiesta di giustizia verso una morte violenta che non può restare impune.
Il 35enne imprenditore di origini lucane, come emerso dai video pubblicati, quella mattina fu bloccato a terra per una ventina di minuti da un poliziotto uruguaiano all’interno della sede diplomatica e in seguito venne portato all’Hospital de Clinicas dove venne constatato il decesso. La prima versione, supportata dalle autorità uruguaiane, sosteneva che la morte fosse stata causata da un mix tra la cocaina che l’uomo aveva assunto nei giorni precedenti all’evento e i farmaci calmanti che i medici gli somministrarono al momento dell’arivo in ospedale.
Di tutt’altro avviso fu invece la perizia della Procura di Roma che in seguito parlò espressamente di morte determinata da un’asfissia meccanica violenta criticando l’operato del medico legale (Natalia Bazan) e iscrivendo nel registro degli indagati il poliziotto responsabile della manovra (Ruben Dos Santos) con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Un anno e mezzo dopo, con due indagini diverse, non esiste ancora una verità condivisa tra Italia e Uruguay e la richiesta di giustizia appare sempre di più un miraggio.
Le magistrature dei due paesi stanno attivamente collaborando per far piena luce sui fatti come ha auspicato la Farnesina? Gli accordi di cooperazione giudiziaria che erano stati firmati nel 2019 si stanno mettendo in pratica o sono rimasti lettera morta?
“Per quanto riguarda le indagini uruguaiane aspettiamo notizie sulla commissione medica. Abbiamo consegnato la documentazione a metà marzo e dovrebbero dirci qualcosa in questi giorni” dice Fabrizio Ventre, il fratello della vittima che non ha mai smesso di chiedere la verità anche se oggi appare abbastanza scoraggiato: “Avendo due autopsie con pareri diametralmente opposti, la commissione medica deve stabilire quale delle due abbia detto la verità e quale invece abbia mentito. Il problema, però, è che la commissione medica è composta da tre membri ma uno di questi tre è la stessa dottoressa che ha redatto la prima autopsia. Insomma, è un modo per continuare a prenderci in giro. Il problema è che per il pubblico ministero Rodrigo Morsoli è tutto normale, basta vedere gli interrogatori farsa che ha condotto... Ma noi ci chiadiamo chi ha fatto entrare la polizia? 'E lui il vero responsabile della morte di mio fratello.....”.
Un’altra questione cruciale sulla quale i magistrati cercano di arrivare sarà quella di stabilire chi ha effettivamente dato l’ordine di far entrare quel giorno il poliziotto all’interno della sede diplomatica mentre l’uomo stava andando via pacificamente, senza alcun pericolo reale come dimostrano i video. Quali responsabilità ha avuto l’Ambasciata italiana di Montevideo nel caso Ventre? Qual è stata la posizione dell’ambasciatore Giovanni Iannuzzi e dei suoi stretti collaboratori?
Fin da subito i familiari hanno chiamato in causa l’Ambasciata accusata di essere pesantemente coinvolta nella vicenda e ritenuta “la principale responsabile dei fatti avendo anche volutamente ostacolato la ricerca della verità con silenzi e bugie” perché “il loro unico interesse era togliersi un morto dalla propria sede”.